I costi della manodopera: immodificabilmente modificabili

Commento alla recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 389 del 16 gennaio 2020

Matteo Valente 3 Febbraio 2020
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Nella complessa materia dei contratti pubblici quella della modificabilità o meno dei costi della manodopera assurge a ruolo di grande attualità, come è confermato dalla recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V, n. 389 del 16 gennaio 2020).

In tale decisione il Giudice Amministrativo ha ritenuto che, anche nel caso in cui sia intervenuta in sede di giustificazioni una modifica dell’importo destinato ai costi della manodopera per come dichiarato in offerta economica, detta modifica deve essere ritenuta legittima purché non alteri la congruità complessiva dell’offerta. Nel caso affrontato dalla V Sezione l’operatore economico in sede di verifica di congruità aveva dichiarato che i costi della manodopera che avrebbe sostenuto erano maggiori di quelli indicati in offerta economica (per la precisione una variazione in aumento di circa € 28.000,00) ma che comunque detta discrasia non avrebbe avuto ripercussioni sulla tenuta complessiva dell’offerta.
La sentenza, nel confermare quella di primo grado, accoglie tale tesi, ritenendo che uno scostamento pari a solo lo 0,79% del valore complessivo dell’offerta non è idoneo a scalfire la capienza dell’offerta globalmente intesa.

E’ ovvio che nel principio affrontato dal Consiglio di Stato ci siano in ballo profili di sistema ben più rilevanti delle “fredde” cifre. Invero, il nodo della questione non risiede tanto nel “gioco degli importi” (sul punto non si può che convenire con il Giudice circa l’irrisorietà dello scostamento!) quanto piuttosto nella “natura” che deve essere assegnata all’indicazione dei costi della manodopera in offerta tecnica. In altre parole, il tema è ontologico e può essere così riassunto: quello che l’impresa assume nell’indicare nell’offerta economica i propri costi della manodopera è un impegno contrattuale oppure no?

Nel momento in cui, come fatto dal Consiglio di Stato in questo frangente, si assegna alla previa esplicitazione dei costi della manodopera una mera funzione “indicativa”, allora l’ovvia conseguenza è che poi, in caso di scostamento, dovranno trovare applicazione i consolidati principi che animano la verifica di congruità (e la sentenza sul punto ha infatti dato applicazione al classico principio della “verifica globale”).

Tuttavia, come è noto, vi è un altro orientamento che, al contrario, individua nell’indicazione compiuta ai sensi dell’art. 95 comma 10, un vero e proprio impegno contrattuale che “sacralizza” un elemento indefettibile (e per ciò stesso immodificabile) dell’offerta presentata. In altre parole, per tale tesi i costi della manodopera sono cristallizzati nell’offerta economica e per l’effetto soggiacciono ad una rigida inalterabilità (sul punto, tra le altre: Consiglio di Stato, Sez. V, 27 dicembre 2019, n. 8823; Tar Campania, Napoli, sez. II, 5 aprile 2019, n. 1910).

Lungi dal voler schierarsi a favore dell’una tesi o dell’altra, è tuttavia innegabile che il dibattito abbia una ripercussione (indiretta ma non troppo) anche sull’altro onere dichiarativo che sempre l’art. 95 comma 10 stabilisce, vale a dire quello degli oneri della sicurezza aziendali.
Orbene, in relazione a questi ultimi la giurisprudenza probabilmente ha trovato una posizione più uniforme, ritenendoli effettivamente immodificabili (da ultimo: Tar Lazio-Latina, Sez. I, n. 27 del 24 gennaio 2020).
Ma se così è, allora è di difficile comprensione ove si annidi la differenza tra i due elementi; in altre parole, non è dato sapere quale sia la ragione per cui i costi della sicurezza aziendali risultino inalterabili, mentre i costi della manodopera possano essere “adattati” e modificati durante il subprocedimento di verifica di congruità.

Leggendo l’art. 95 comma 10 del Codice nessuna differenza pare emergere, anzi, a voler essere sinceri, appare più cogente l’indicazione degli oneri della manodopera (alla luce della verifica sul rispetto dei minimi salariali) che quella dei costi della sicurezza.

Il problema rimane ovviamente “aperto”, in attesa di altre pronunce che possano far luce definitivamente sulla questione.

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