Accesso ai documenti – Accesso generalizzato – Contratti della Pubblica amministrazione – Limiti – Individuazione.
Accesso ai documenti – Accesso generalizzato – Limiti – Test del pregiudizio concreto – Operatività – Condizioni.
Tar Napoli, sez. VI, 10 dicembre 2019, n. 5837
Non tutta la materia dei contratti pubblici può essere sottratta alla “conoscenza diffusa” di cui al d.lgs. n. 33 del 2013 in quanto materia nella quale è più elevato il rischio corruzione (ricompresa tra le aree più a rischio di cui all’art. 1, comma 16, l. n. 190 del 2012); pertanto, allorquando la gara si è conclusa (e non si ravvisino ragioni di riservatezza in ragione del tipo di appalto o con riguardo ad alcune parti dell’offerta tecnica), l’offerta dell’aggiudicataria, benché proveniente dal privato, rappresenta la “scelta” in concreto operata dall’amministrazione e l’accesso generalizzato costituisce lo strumento da assicurare in generale ai cittadini per conoscere e apprezzare appieno la “bontà” della scelta effettuata inclusi naturalmente e a fortiori i partecipanti alla gara (allorquando non possono più vantare un interesse “qualificato”) nonchè i soggetti in senso lato interessati alla gara, che avranno le cognizioni e le competenze per effettuare un vero “controllo” esterno e generalizzato sulle scelte effettuate dall’amministrazione; l’offerta selezionata diventa, così, la “decisione amministrativa” controllabile da parte dei cittadini.
All’accesso civico generalizzato si applicano, in ragione del rinvio operato dall’art. 5 – bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013, solo le puntuali limitazioni di cui all’art. 53, d.lgs. n. 50 del 2016 poste a tutela della gara stessa e dei partecipanti (c.d. limiti assoluti) (1).
Il test del pregiudizio concreto, da applicare per delimitare la conoscenza generalizzata di cui all’art. 5-bis comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013, impone che il pregiudizio non deve essere solo affermato, ma anche dimostrato; inoltre, il test del pregiudizio concreto impone che il nesso di causalità che lega questo alla divulgazione deve superare la soglia del “meramente ipotetico” per emergere quale “probabile”, sebbene futuro; pertanto, l’Amministrazione, nel rigettare una richiesta di ostensione, deve dimostrare che la stessa pregiudicherebbe l’interesse da tutelare ovvero che ciò sarebbe “molto probabile” (2).
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(1) Con riguardo all’interpretazione dell’art. 5-bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013, e cioè se attraverso questo richiamo il legislatore abbia voluto introdurre un limite assoluto a conoscere gli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, si sono registrati due diversi orientamenti culminati in due pronunce del Consiglio di Stato che si sono susseguite negli ultimi mesi.
Da una parte si registra un orientamento di maggiore “apertura” verso la conoscenza dei detti atti che si rinviene nella sentenza della III sez., n. 3780 del 5 giugno 2019, la quale, muovendo proprio dall’interpretazione dell’art. 5-bis, comma 3, chiarisce che ”tale ultima prescrizione fa riferimento, nel limitare tale diritto, a “specifiche condizioni, modalità e limiti” non ad intere “materie”. Diversamente interpretando, significherebbe escludere l’intera materia relativa ai contratti pubblici da una disciplina, qual è quella dell’accesso civico generalizzato, che mira a garantire il rispetto di un principio fondamentale, il principio di trasparenza ricavabile direttamente dalla Costituzione. Entrambe le discipline, contenute nel d.lgs. n. 50 del 2016 e nel d.lgs. n. 33 del 2013, mirano all’attuazione dello stesso, identico principio e non si vedrebbe per quale ragione, la disciplina dell’accesso civico dovrebbe essere esclusa dalla disciplina dei contratti pubblici. D’altro canto, il richiamo contenuto nel primo comma, del citato art. 53 Codice dei contratti, alla disciplina del c.d. accesso “ordinario” di cui agli artt. 22 e ss., l. n. 241 del 1990 è spiegabile alla luce del fatto che il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 è anteriore al d.lgs. 25 maggio 2016, n. 67 modificativo del d.lgs. n. 33 del 2013…… dal medesimo principio – ricavabile dalla testuale interpretazione dell’art. 5 bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013 come novellato – discende la regola, ben chiara ad avviso del Collegio, per cui, ove non si ricada in una “materia” esplicitamente sottratta, possono esservi solo “casi” in cui il legislatore pone specifiche limitazioni, modalità o limiti.
Non ritiene il Collegio che il richiamo, ritenuto decisivo dal primo giudice, all’art. 53 del “Codice dei contratti” nella parte in cui esso rinvia alla disciplina degli artt. 22 e seguenti della l. 241 del 1990, possa condurre alla generale esclusione dell’accesso civico della materia degli appalti pubblici….. Proprio con riferimento alle procedure di appalto, la possibilità di accesso civico, una volta che la gara sia conclusa e viene perciò meno la tutela della “par condicio” dei concorrenti, non risponde soltanto ai canoni generali di “controllo diffuso sul perseguimento dei compiti istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” (art. 5, comma 2, cit. d.lgs. n. 33).
Vi è infatti, a rafforzare in materia l’ammissibilità dell’accesso civico, una esigenza specifica e più volte riaffermata nell’ordinamento statale ed europeo, e cioè il perseguimento di procedure di appalto trasparenti anche come strumento di prevenzione e contrasto della corruzione….”.
Un diverso orientamento si rinviene nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 5503 del 2 agosto 2019, la quale – nel negare l’accesso generalizzato agli atti di gara – ha affermato che “La previsione dell’art. 5-bis, comma 3 si distingue da quella dei comma 1 e 2,….perché è disposizione volta a fissare, non i limiti relativi all’accesso generalizzato consentito a “chiunque”, bensì le eccezioni assolute, a fronte delle quali la trasparenza recede. Anche la tecnica redazionale del comma si distingue da quella dei comma precedenti, poiché se è vero che l’art. 5-bis, comma 3, non sottrae al bilanciamento materie direttamente individuate dalla norma medesima (a differenza degli interessi, pubblici e privati, che sono individuati dal primo e dal secondo comma), resta che utilizza l’espressione generica di casi , che fanno eccezione assoluta, in modo da rinviare, per la loro individuazione, ad altre disposizioni di legge, direttamente o indirettamente, richiamate dallo stesso comma 3 (sicché l’ampiezza dell’eccezione dipende dalla portata della normativa cui l’art. 5-bis, comma 3, rinvia). In particolare, sono sottratti al bilanciamento ed esclusi senz’altro dall’accesso generalizzato: i casi di segreto di Stato ed i casi di divieti di accesso o di divulgazione previsti dalla legge, i casi elencati nell’art. 24, comma 1, l. n. 241 del 1990 (che, al suo interno, ricomprende intere materie), i casi in cui “l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti”…. la previsione in questione assume significato autonomo e decisivo se riferita alle discipline speciali vigenti in tema di accesso e, per quanto qui rileva, al primo inciso del primo comma dell’art. 53. Ne consegue che il richiamo testuale alla disciplina degli artt. 22 e ss., l.7 agosto 1990 n. 241 va inteso come rinvio alle condizioni, modalità e limiti fissati dalla normativa in tema di accesso documentale, che devono sussistere ed operare perché possa essere esercitato il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici”.
Nella pronuncia da ultimo richiamata si fa poi riferimento alla circostanza che l’accesso generalizzato non sarebbe stato introdotto, nell’ambito del codice dei contratti pubblici, nemmeno in sede di correttivo di cui al d.lgs. n. 56 del 2017, come segno evidente della volontà del legislatore di non consentire l’accesso generalizzato in detta materia; inoltre, la sentenza considera che quelli della procedura di gara sono “atti formati e depositati nell’ambito di procedimenti assoggettati, per intero, ad una disciplina speciale ed a sé stante. Questa disciplina attua specifiche direttive europee di settore che, tra l’altro, si preoccupano già di assicurare la trasparenza e la pubblicità negli affidamenti pubblici, nel rispetto di altri principi di rilevanza euro unitaria, in primo luogo il principio di concorrenza, oltre che di economicità, efficacia ed imparzialità. …..”.
(2) La stessa Autorità Nazionale Anticorruzione ha chiarito sul punto che l’Amministrazione deve valutare che il pregiudizio conseguente alla disclosure sia un evento altamente probabile e non solo possibile (cfr. Delibera Anac n. 1309 del 2016).
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