Sul numero delle epoetine alfa biosimilari presenti sul mercato e sulla necessità o meno di esperire accordi quadro con più operatori a norma dell’art. 1, co. 407, l. n. 232/2016
Consiglio di Stato, sez. III, n. 871 del 5 febbraio 2019
L’art. 1, comma 407, della legge n. 232/2016 prevede che nelle gare d’acquisto per farmaci biologici non possano essere posti in gara nel medesimo lotto farmaci aventi principi attivi diversi.
Ciò vieta, di fatto, le equivalenze terapeutiche tra farmaci biologici, ossia per prodotti farmaceutici dotati di una certa complessità e non traducibili in molecole chimiche predefinite, che sconsiglia di comparare prodotti con principi attivi diversi.
Il tema, scientifico ma inevitabilmente anche giuridico, si sposta allora sullo stabilire cosa debba intendersi per principio attivo.
La questione è ulteriormente aggravata dal fatto che la stessa norma obbliga le stazioni appaltanti ad una gara secondo lo schema dell’accordo quadro con più operatori, ed in particolare con tre aggiudicatari, quando i farmaci biologici con lo stesso principio attivo in commercio siano più di tre.
Sempre il comma 407 chiarisce poi che a tal fine si considera il codice ATC di V livello, che identifica appunto la sostanza attiva.
In questo contesto, emerge senza dubbio la peculiarità dell’epoetina alfa. Dal 2010, infatti, sono stati posti in commercio i primi biosimilari dell’epoetina alfa, con una particolarità, rappresentata nello specifico dall’epoetina zeta. Tale farmaco, infatti, è stato autorizzato da EMA come biosimilare dell’epoetina alfa originatore, e pertanto sebbene il nome di riferimento sia diverso, in realtà esso è un farmaco biosimilare dell’epoetina alfa (in questo senso, ad esempio, T.A.R. Sardegna, sez. I, n. 615 del 24 settembre 2013).
Sennonché, la questione è stata recentemente riportata all’attenzione del giudice amministrativo, e nello specifico del Consiglio di Stato che ha – in qualche modo sorprendentemente – dichiarato invece che l’epoetina zeta è un principio attivo diverso dall’epoetina alfa.
Il ragionamento del Consiglio di Stato si basa su due elementi:
a) la scheda tecnica del farmaco, valutata anche da EMA all’atto dell’autorizzazione all’immissione in commercio, che afferma come esso sia “simile” ad un medicinale di riferimento che contiene un principio attivo analogo allo stesso, così dimostrando l’esistenza di differenze tra esso e l’originatore;
b) una relazione istruttoria, richiesta nel giudizio di primo grado ad AIFA, che, sulla scorta del secondo position paper sui biosimilari del 2018 ha precisato che sebbene biosimilare e originatore siano di fatto la stessa sostanza biologica, tuttavia possono essere presenti differenze minori dovute alla lor natura complessa e alle tecniche di produzione.
Il punto è che nessuno dei due argomenti appare del tutto convincente: ciò che il Consiglio di Stato sembra non aver colto completamente è che nel farmaco biologico per definizione vi sono differenze: il farmaco biologico è infatti ottenuto dalla sintesi di una molecola (il principio attivo) da parte di una cellula viva. Cosicché, la produzione del principio attivo non può mai avvenire in modo identico, come invece accade nei farmaci di sintesi chimica, dal momento che ogni cellula sintetizza la molecola in modo leggermente diverso dalle altre.
È ovvio, pertanto, che sia EMA che AIFA affermino l’esistenza di differenze minori tra biosimilare e originatore. Ciò però non vale a mutare il rapporto esistente tra i due farmaci, che restano l’uno biosimilare dell’altro.
L’unico elemento che infatti pare decisivo è il modo in cui il farmaco viene autorizzato da EMA: il farmaco biosimilare può godere di un dossier autorizzativo semplificato, che ha il solo scopo di mostrare, appunto, la biosimilarità.
Se in quella fase EMA ritiene che le differenze tra i due farmaci, quello biosimilare e quello di riferimento (originatore) siano minime e trascurabili, perché i due farmaci hanno profilo di sicurezza e di efficacia sovrapponibili, allora il primo viene autorizzato come biosimilare, a prescindere dal nome che viene assegnato ad esso.
Crediamo, dunque, che epoetina zeta non possa non essere considerato biosimilare dell’epoetina alfa originatore, dato che ciò è affermato da EMA all’atto dell’autorizzazione.
Contrariamente a quanto affermato dalla sentenza in commento, sarebbero perciò quattro, e non tre, i farmaci biologici a base di epoetina alfa, e di conseguenza obbligatoria la gara nella forma dell’accordo quadro con tre aggiudicatari.
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