Ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett.c), d.lgs. 163/2006, la stazione appaltante è tenuta a valutare l’incidenza sulla “moralità professionale” delle condanne penali passate in giudicato
Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ha ricordato alcuni noti principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa con riferimento alla causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c) del vecchio Codice dei Contratti Pubblici.
La norma, ricorda il Collegio, è posta a presidio dell’interesse delle amministrazioni a non contrarre obbligazioni con soggetti che non garantiscano adeguata moralità professionale.
A tal fine, viene riconosciuto alle stazioni appaltanti il potere di valutare la rilevanza di precedenti condanne penali passate in giudicato, tenendo conto della gravità dei reati commessi e della loro influenza sulla moralità professionale.
Tale valutazione, espressione della più ampia discrezionalità tecnico – amministrativa della stazione appaltante, non deve essere effettuata in astratto, relativamente al titolo del reato, ma tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, compresi gli elementi soggettivi e oggettivi della fattispecie che ha dato luogo al reato e i fatti successivi, in relazione alla moralità professionale e alla prestazione da affidare in gara.
Facendo applicazione di tali principi, il Consiglio di Stato ha escluso la rilevanza delle 34 condanne riportate dal Presidente e legale rappresentante dell’impresa aggiudicataria poiché riguardanti fattispecie ritenute non gravi (quali il reato di “omesso controllo” ex art. 57 c.p., diffamazione a mezzo stampa ex art. 595 bis c.p. e pubblicazione arbitraria ex art. 684 c.p.), non rientranti fra i delitti contro lo Stato e le Comunità tipizzati dall’art. 38, comma 1, lett. c) d.lgs. 163/2006, e per le quali erano state, in ogni caso, irrogate sanzioni minime.
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