Sul riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di revisione dei prezzi

Commento alla sentenza della Cassazione civile, Sezioni Unite, del 23 ottobre 2017, n. 24968

Modifica zoom
100%

Con la sentenza in disamina le Sezioni Unite si sono pronunciate in merito alla problematica del riparto di giurisdizione relativa alla questione della revisione dei prezzi

Nel dettaglio, partendo da una compiuta, ampia ed esaustiva ricostruzione della normativa e della giurisprudenza dell’Unione Europea e nazionale, la Corte ha ribadito che nessuna norma attributiva di giurisdizione, neppure se in via esclusiva, potrebbe prescindere dalle statuizioni rese dalla Corte costituzionale con sentenza del 6 luglio 2004, n. 204, da cui è ritraibile il principio fondamentale costituito dal ripudio di un sistema di riparto delle giurisdizioni che non sia ancorato al binomio diritti-interessi, presidiato dalla combinazione degli artt. 102 e 103 Costituzione.

In base a questi presupposti, che partono dal generale principio che la cognizione dei diritti spetta al giudice ordinario, la materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo esclusivamente con riferimento ad ipotesi in cui le posizioni di diritto soggettivo fatte valere nei confronti della pubblica amministrazione si collochino in un’area di rapporti nella quale essa agisce esercitando il proprio potere autoritativo.

Tale potere autoritativo va escluso al cospetto della pretesa dell’appaltatore alla revisione dei prezzi che sia fondata su di una specifica clausola del contratto e che si sostanzi nell’affermazione secondo cui quella clausola obbligherebbe l’amministrazione appaltante al riconoscimento della revisione: tanto traducendosi in una pretesa di adempimento contrattuale.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –
Dott. DI AMATO Sergio – Presidente di sez. –
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –
Dott. MANNA Antonio – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1239-2016 proposto da:
(OMISSIS). IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona del Commissario straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che la rappresentano e difendono unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ALATRI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5188/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/09/2015;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2017 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).

Svolgimento del processo

1. In base al contratto di servizio del 03/07/2003 col Comune di Alatri per la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, il (OMISSIS) in amministrazione straordinaria chiese ed ottenne dal Tribunale di Velletri ingiunzione di pagamento per Euro 2.179.868,62 (oltre spese ed accessori), notificata all’ingiunto il 23/06/2008, lamentando la mancata corresponsione dei compensi e dei relativi aggiornamenti previsti all’art. 3 del contratto stesso, previamente approvato con delibera n. 11 del 24/05/2003 del competente organo comunale; ma l’ingiunto propose opposizione, eccependo in primo luogo, per quel che in questa sede rileva, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
2. Il Tribunale accolse tale eccezione con sentenza 05/05/2014, n. 1045, l’appello proposto dal Consorzio avverso la quale fu poi respinto dalla Corte di appello di Roma, sia pure con correzione della motivazione, per avere ritenuto nella specie persistente la discrezionalità amministrativa in capo al Comune in forza della clausola di aggiornamento (qualificata come clausola di “revisione prezzi”) in assenza di criteri automatici, dinanzi a criteri definiti come orientativi e dal contenuto “largamente imprevedibile”, nonchè alla stregua di quello che è stato ricostruito come concreto esercizio del potere dell’ente comunale di produrre proprie controdeduzioni tecniche, quale estrinsecazione di poteri discrezionali di cui la P.A. godrebbe nella determinazione dei corrispettivi del pubblico servizio per cui era causa.
3. Per la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 18/09/2015 col n. 5188, ricorre oggi il Consorzio, con atto articolato su di un unitario motivo, illustrato poi da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. : al quale resiste con controricorso il Comune.

Motivi della decisione

1. Va preliminarmente rilevato che la notifica del controricorso si è avuta con procedimento iniziato il 22/02/2016 e perfezionatosi il 27 successivo, a fronte della notifica del ricorso avviata con il servizio postale il 05/01/2016 e perfezionatasi per compiuta giacenza il 25/01/2016, come da relata dell’ufficio postale competente: sicchè deve ritenersi tempestivo ad ogni effetto.
2. Ciò posto, il ricorrente prospetta l’impugnata sentenza come affetta da violazione delle norme sul riparto di giurisdizione (rubricando il relativo unitario motivo “in riferimento all’art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 1 – 3: per motivi attinenti la giurisdizione e per violazione o falsa applicazione delle norme sul riparto della giurisdizione”): in quanto i principi di Cass. Sez. U. n. 12063/14, pur correttamente richiamati, sarebbero stati malamente applicati, per avere la corte territoriale confuso il potere di contestare l’esattezza dell’aggiornamento richiesto con un potere autoritativo che consentirebbe alla P.A. di negare l’esistenza stessa del diritto al medesimo. In particolare, in forza dell’art. 7 del contratto, era stato prospettato come sussistente un vero e proprio diritto dell’appaltatrice al corrispettivo come determinato ai sensi del precedente art. 3 (trascritto a pag. 6 del controricorso) e col meccanismo dell’accettazione da parte del Comune in assenza di controdeduzioni, così avendo esaurito ogni discrezionalità l’ente pubblico al momento dell’approvazione del contratto: diritto che si era perfezionato una volta trasmessa dall’appaltatrice la richiesta di variazione dell’importo del corrispettivo con raccomandata a/r del 31/10/2015, non riscontrata con controdeduzioni, su fatti impeditivi del diritto stesso, da parte del Comune entro i trenta giorni previsti dal medesimo art. 3 del contratto intercorso tra le parti, ma solo con comunicazioni generiche del 14 e del 25/07/2007.
3. Il controricorrente condivide invece la conclusione della Corte territoriale sulla persistenza di un potere discrezionale, fondato e in concreto esercitato con le controdeduzioni addotte come inviate a controparte, sia pure non specificandone la data e l’esatto tenore, così ribattendo all’avversa allegazione – di cui al ricorso – della genericità e soprattutto intempestività di quelle; e richiama i principi affermati da Corte cost. n. 204 del 2004 (D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33, comma 1), da Cons. Stato 05/10/2004, n. 6489, nonchè da Cass. Sez. U. 04/07/2006, n. 15216, per ribadire che l’indeterminatezza dei criteri di aggiornamento non avrebbe mai potuto comportare una aprioristica rinunzia al proprio diritto di contestazione degli importi in aumento, fondando anzi un suo “diritto potestativo di esercizio del suo potere autoritativo di impedimento dell’operatività della richiesta di adeguamento del costo percentuale del servizio di raccolta”.
4. L’unitario motivo di ricorso è fondato. Queste Sezioni Unite hanno, all’esito di una compiuta, ampia ed esaustiva ricostruzione della normativa e della giurisprudenza dell’Unione Europea e nazionale, con la recente sentenza n. 9965 del 20/04/2017 ribadito (punti 4.1 e 4.2 delle ragioni della decisione) che:
– nessuna norma attributiva di giurisdizione, neppure se in via esclusiva, potrebbe prescindere dalle statuizioni di Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204, da cui è ritraibile il principio fondamentale costituito dal ripudio di un sistema di riparto delle giurisdizioni che non sia ancorato al binomio diritti-interessi, presidiato dalla combinazione degli artt. 102 e 103 Cost. ;
– pertanto, la cognizione dei diritti, che appartiene quasi per definizione al giudice ordinario, non può essere attribuita senz’altro al giudice amministrativo, ma soltanto solo quale prolungamento, se non completamento, di tutela, per ogni vicenda in cui, comunque, si sia avuto esercizio di poteri autoritativi incidenti nella sfera giuridica del cittadino;
– la materia dei pubblici servizi può dunque essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo esclusivamente con riferimento ad ipotesi in cui le posizioni di diritto soggettivo fatte valere nei confronti della pubblica amministrazione si collochino in un’area di rapporti nella quale essa agisce esercitando il proprio potere autoritativo;
– di conseguenza, un tale potere autoritativo va senz’altro escluso al cospetto della pretesa dell’appaltatore alla revisione dei prezzi che sia fondata su di una specifica clausola del contratto e che si sostanzi nell’affermazione secondo cui quella clausola obbligherebbe l’amministrazione appaltante al riconoscimento della revisione: tanto traducendosi in una pretesa di adempimento contrattuale (Cass. Sez. U. 19/03/2009, n. 6595; Cass. Sez. U. ord. 13/07/2015, n. 14559; tra varie altre, Cass. Sez. U. 31/05/2016, n. 11375).
5. Sulla scorta di tale convincente conclusione, cui anche questo Collegio stima doveroso assicurare continuità, è evidente che nella specie, neppure venendo in considerazione la ricca e complessa problematica sulla distinzione tra contratto di appalto di pubblici servizi e di concessione (pure esaminata dalla or ora richiamata Cass. Sez. U. n. 9965/17), la domanda si incentra appunto dell’invocazione, da parte del creditore, di un diritto soggettivo pieno configurato come derivante immediatamente dal contratto, risolvendosi la controversia in una pretesa di adempimento di questo: che, in quanto tale, non può essere devoluta che alla giurisdizione del giudice ordinario.
6. E tanto alla stregua di una clausola contrattuale (l’art. 3 del contratto di servizio, riportato testualmente a pag. 6 del controricorso) che configura, al di là del carattere più o meno vago od indeterminato e perfino aleatorio dei criteri o parametri di riferimento (“eventuali modifiche della strutturazione ed organizzazione dei servizi e le variazioni normative ed economiche intervenute che comportano un aggiornamento dei corrispettivi, con particolare riguardo all’eventuale aumento del prezzo di mercato degli approvvigionamenti correnti di beni e servizi del Consorzio all’evoluzione dei costi di carburanti e dei costi del personale”), un vero e proprio pieno diritto dell’appaltatore di vedersi corrisposto l’aggiornamento richiesto in mancanza di specifiche controdeduzioni tecniche, poichè la stessa clausola contrattuale prevede che “entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione del Consorzio il Comune ha il dovere di produrre e trasmettere una propria controdeduzione tecnica, in assenza della quale l’aggiornamento proposto sarà considerato accettato”.
7. E’ evidente che perfino l’idoneità e la tempestività di tali ultime controdeduzioni – intuitivamente allegata dal Comune e negata dal Consorzio, ma, significativamente, senza ulteriori specificazioni del rispettivo testo in questa sede ad opera dell’onerato excipiens e odierno controricorrente – attiene al merito della controversia e non. alla pregiudiziale questione di giurisdizione, agevolmente risolta con la qualificazione dell’azionamento, da parte del creditore ed in base ad una ben precisa clausola contrattuale, della quale quindi esso invoca la mera esecuzione od applicazione, di un diritto pieno e perfetto all’automatica corresponsione dell’adeguamento in forza e conseguenza dell’esaurimento della potestà discrezionale in sede di approvazione di un contratto che conteneva una clausola di automatico riconoscimento delle richieste di adeguamento o aggiornamento del corrispettivo in difetto di tempestive contestazioni da parte della controparte pubblica amministrazione. E tutto questo a non voler considerare come la Corte territoriale non pare essersi adeguatamente soffermata, neppure ai fini della questione di giurisdizione, sull’avvenuto azionamento pure della pretesa creditoria avente ad oggetto l’entità originaria del corrispettivo, vale a dire senza coinvolgimento nemmeno in thesi di alcuna discrezionalità dell’appaltante inadempiente.
8. Il ricorso va pertanto accolto, con cassazione della gravata sentenza e, sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario negata fin dal primo grado, rinvio al Tribunale ai sensi dell’art. 382 c.p.c. , comma 1 e art. 353 c.p.c. : apparendo infine opportuno rimettere alla valutazione complessiva dell’esito della lite ad opera del giudice qui dichiarato munito di giurisdizione la liquidazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
9. Infine, va dato atto – essendo stato accolto il ricorso – della non sussistenza dei presupposti per l’applicazione delD.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest’ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui rispettivamente proposta, a norma del detto art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa dinanzi al Tribunale di Velletri, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2017.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017

 

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento