Con il d.m. 2.12.2016 l’obbligo di pubblicazione dei bandi di gara sui quotidiani non solo viene confermato, ma addirittura ampliato
A cura di Alessandro Massari
Nessuno ha forse mai seriamente creduto alla più volte annunciata soppressione dei quotidiani quale obbligatorio mezzo di pubblicazione dei bandi di gara, dopo aver assistito alle continue, sistematiche, interminabili proroghe e deferimenti disposti dal legislatore (da ultimo, anche con il decreto milleproroghe 2017, mediante la previsione dell’art. 9, comma 4, d.l. 244/2016).
Tuttavia, la nuova disciplina prevista nel decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti del 2 dicembre 2016, attuativo dell’art. 73, comma 4 del codice, (pubblicato nella GURI del 25 gennaio scorso) lascia davvero interdetti: l’obbligo di pubblicazione sui quotidiani viene non solo confermato, ma addirittura ampliato rispetto al regime previgente e ricollegato alla proclamata finalità “di garantire adeguati livelli di trasparenza e di conoscibilità delle procedure di gara e di favorire la concorrenza attraverso la più ampia partecipazione delle imprese interessate, anche nelle realtà territoriali locali”.
Difficile credere che questa sia l’autentica ratio sottesa al nuovo regime, quando nessuno oramai dubita dell’efficacia di gran lunga superiore, in termini di accessibilità e visibilità, della pubblicità telematica rispetto a quella cartacea (ove il bando o avviso è, tra l’altro, pubblicato solo per estratto).
L’Unione Europea ha da tempo affermato che “L’ampia disponibilità e la facilità di utilizzazione di Internet rendono gli avvisi pubblicitari di appalti pubblicati sui siti molto più accessibili, in particolare per le imprese di altri Stati membri e le PMI interessate ad appalti di importo limitato. Internet offre un’ampia gamma di possibilità per la pubblicità degli appalti pubblici: gli avvisi pubblicitari sul sito Internet dell’amministrazione aggiudicatrice sono flessibili ed efficaci sotto il profilo dei costi… I portali Internet creati specificamente per gli avvisi pubblicitari di appalti hanno una visibilità più elevata e possono offrire maggiori opzioni di ricerca“ (Comunicazione interpretativa della Commissione Europea C-179/2006).
L’art. 32 della l. 69/2009 (legge sviluppo e semplificazione) aveva a suo tempo stabilito: “1. A far data dal 1º gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati (…). 2. Dalla stessa data del 1º gennaio 2010, al fine di promuovere il progressivo superamento della pubblicazione in forma cartacea, le amministrazioni e gli enti pubblici tenuti a pubblicare sulla stampa quotidiana atti e provvedimenti concernenti procedure ad evidenza pubblica o i propri bilanci, oltre all’adempimento di tale obbligo con le stesse modalità previste dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore della presente legge, ivi compreso il richiamo all’indirizzo elettronico, provvedono altresì alla pubblicazione nei siti informatici, secondo modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione”.
Ma soprattutto, a tenore del comma 5, si era previsto che: “A decorrere dal 1° gennaio 2011 e, nei casi di cui al comma 2, dal 1° gennaio 2013, le pubblicazioni effettuate in forma cartacea non hanno effetto di pubblicità legale, ferma restando la possibilità per le amministrazioni e gli enti pubblici, in via integrativa, di effettuare la pubblicità sui quotidiani a scopo di maggiore diffusione, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio”.
La legge delega n. 11/2016 aveva contemplato all’art. 1, lett. s), tra i criteri direttivi, la “revisione della disciplina in materia di pubblicità degli avvisi e dei bandi di gara, in modo da fare ricorso a strumenti di pubblicità di tipo informatico; definizione di indirizzi generali da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con l’ANAC, al fine di garantire adeguati livelli di trasparenza e di conoscibilità prevedendo, in ogni caso, la pubblicazione su un’unica piattaforma digitale presso l’ANAC di tutti i bandi di gara”.
Non vi era alcun riferimento alla pubblicazione dei bandi sui quotidiani, avendo la stessa legge delega valorizzato la pubblicità telematica, in coerenza con gli altri criteri della dematerializzazione, semplificazione e riduzione degli oneri a carico degli operatori economici e delle stazioni appaltanti.
È l’art. 73, comma 4 del nuovo Codice che ha invece rimesso in discussione il percorso normativo verso la definitiva soppressione della pubblicità cartacea, disponendo che il decreto ministeriale, nel definire gli indirizzi generali di pubblicazione al fine di garantire la certezza della data di pubblicazione e adeguati livelli di trasparenza e di conoscibilità, potesse anche prevedere “l’utilizzo della stampa quotidiana maggiormente diffusa nell’area interessata”.
Il decreto del MITT del 2 dicembre 2016, attuativo dell’art. 73 comma 4 del Codice, ha così previsto all’art. 3 che, a decorrere dal 1° gennaio 2017, la pubblicazione degli avvisi e dei bandi, nonché degli avvisi relativi agli appalti aggiudicati, è altresì effettuata per estratto:
a) per gli avvisi ed i bandi relativi ad appalti pubblici di lavori o di concessioni di importo compreso tra euro 500.000 e l’importo di cui alla soglia comunitaria, per estratto su almeno uno dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno uno a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti;
b) per gli avvisi ed i bandi relativi ad appalti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo superiore alle soglie comunitarie, per estratto su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti.
In disparte la valutazione sulla scriteriata scelta di tornare al cartaceo nell’era del digitale globale, non è anzitutto dato comprendere:
1) se le “concessioni” di importo compreso tra euro 500.000 e l’importo di cui alla soglia comunitaria, comprendano solo quelle di lavori ovvero anche di servizi (come noto la soglia comunitaria è la medesima);
2) perché la pubblicità sui quotidiani per i contratti sopra soglia riguardi solo gli appalti e non le concessioni (che compaiono nella lettera a) e poi scompaiono nella lettera b).
E, ancora, ci si chiede quale siano le conseguenze per le procedure indette dal 1° al gennaio 2017 (data di entrata in vigore “retroattiva” del decreto) nelle quali i bandi e avvisi sono stati pubblicati con modalità difformi rispetto alle disposizioni del decreto. Trova ancora applicazione il principio tempus regit actum?
Per tacere dell’evidente contraddizione tra le finalità dichiarate nell’art. 1 del decreto, ove si fa riferimento all’utilizzo della stampa quotidiana “maggiormente diffusa nell’area interessata”, e la previsione dell’obbligo di pubblicità sui principali quotidiani a diffusione nazionale.
Ma il quadro si aggrava ulteriormente se si fa mente all’art. 4 del decreto, dove si prevede l’estensione dell’obbligo di pubblicazione sui quotidiani per gli avvisi di post-informazione, relativi agli appalti (non alle concessioni questa volta) aggiudicati.
a) gli avvisi di post-informazione di lavori, sopra soglia comunitaria sono pubblicati, oltre sulla piattaforma ANAC e nella GURI, per estratto su almeno due quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due quotidiani a diffusione locale;
b) gli avvisi di post-informazione di lavori sotto soglia comunitaria di importo maggiore o uguale a 500.000 euro, oltre alla piattaforma ANAC e alla GURI, per estratto su almeno un quotidiano a diffusione nazionale e su almeno un quotidiano a diffusione locale nel luogo dove si esegue il contratto.
Dunque, se per gli appalti di servizi e forniture e per le concessioni l’avvisto di post-informazione non deve essere pubblicato sui quotidiani, per gli appalti di lavori gli oneri pubblicitari si aggravano sensibilmente, e in maniera decisamente sproporzionata, rispetto all’assetto previgente.
Altro motivo di delusione riguarda poi l’incompletezza del quadro normativo di riferimento e l’ulteriore rinvio a due atti:
1) la piattaforma digitale ANAC richiede, per la sua operatività, la pubblicazione in Gazzetta di uno specifico atto dell’Autorità con il quale saranno definite “le soglie d’importo, le modalità operative e i tempi per il funzionamento della piattaforma in cooperazione applicativa con la piattaforma informatica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, i sistemi informatizzati delle regioni e le piattaforme regionali di e-procurement”; nelle more dell’emanazione di tale atto gli avvisi e bandi sono pubblicati ancora sulla GURI;
2) con successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite l’ANAC e la Conferenza unificata saranno definite le modalità di pubblicazione degli avvisi e dei bandi di gara relativi agli appalti di lavori di importo inferiore a euro 500.000 e di servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui comunitarie; fino a tale data continuano ad applicarsi le disposizioni per le procedure ordinarie sotto soglia di cui all’art. 36, comma 9 del codice.
Ulteriore elemento di forte criticità avvertita dagli operatori economici è la disposizione dell’art. 5, comma 2 per la quale “Le spese per la pubblicazione obbligatoria degli avvisi e dei bandi di gara sono rimborsate alla stazione appaltante dall’aggiudicatario entro il termine di sessanta giorni dall’aggiudicazione”. Mentre nel regime transitorio di cui all’art. 216, comma 11 del codice era dubbia l’estensione del rimborso delle spese di pubblicazione sui quotidiani (la norma faceva infatti espresso riferimento solo a quelle relative sulla GURI), il nuovo regime comprende ora tutte le spese indistintamente, riallineandosi alle previsioni dell’art. 34, comma 35, d.l. 179/2012 convertito in l. n. 221/2012.
Sul punto si registrano già le prime reazioni negative degli operatori economici, e in particolare dei professionisti del settore dei servizi tecnici.
L’OICE ha dichiarato che “il decreto non fa altro che confermare la disciplina sulla pubblicazione dei bandi prevista nel codice e quella introdotta nel 2013 sul rimborso a carico del vincitore della gara delle spese di pubblicità sui quotidiani, alla quale già tentammo di opporci all’epoca. Riteniamo che il legislatore debba profondamente riflettere sulla correttezza del mantenimento dell’obbligo del rimborso a carico di chi, dopo una gara, è riuscito ad acquisire una commessa e sugli eἀetti derivanti da questa norma (…) la disposizione mantenuta nel d.m. attuativo dell’art. 73, comma 4 del decreto 50 penalizza fortemente i prestatori di servizi di ingegneria e architettura che, non godendo come le imprese di costruzioni di una anticipazione pari al 20% dell’importo del contratto, sono obbligati a questo esborso prima ancora di avere iniziato a lavorare e nei confronti di soggetti che poi, a lavoro concluso, tardano anche 12 mesi a corrispondere i corrispettivi per la progettazione e le attività ad essa connesse (…) Si sono registrati casi in cui alcune importanti stazioni appaltanti hanno chiesto all’aggiudicatario il rimborso di spese di pubblicità sui quotidiani pari anche al 10% dell’importo del contratto aggiudicato. Sono valori importanti quando si tratta di gare sopra la soglia europea dei 209.000 euro, che annullano ogni utile di impresa, soprattutto a valle di gare con ribassi medi di circa il 35%. Inoltre c’è anche un problema di trasparenza dei costi sostenuti dalle stazioni appaltanti che, quanto meno, dovrebbero essere chiamate a rendicontare negli atti di gara in maniera trasparente, evitando di indicare degli incomprensibili forfait”.
La proposta dell’OICE è quella di “eliminare l’obbligo di rimborso a carico del vincitore della gara con il prossimo decreto correttivo del codice visto che riguarda l’attività della stazione appaltante – che opera con i contributi di tutti i cittadini – e non l’attività di impresa; (…) in alternativa si opti per la previsione di una anticipazione contrattuale anche per il settore dei servizi di ingegneria e architettura, si inserisca un tetto massimo a tali spese e si prescriva un’adeguata trasparenza sui costi sostenuti dalla stazione appaltante, evitando richieste di rimborso poco chiare”.
Si tratta in definitiva di critiche e richieste più che fondate e condivisibili, specie nell’attuale contesto di grave congiuntura economica per imprese e professionisti.
Vedremo se il correttivo al Codice conterrà sorprese e innovazioni sul versante della pubblicità dei bandi, ma il quadro è oramai tale da non lasciare molte speranze.
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