Al riguardo, già le Sezioni Unite della Cassazione, avevano precisato che il fondamento dell’azione, per la rideterminazione del canone di un appalto prevista da clausole negoziali tra le parti, ha natura di diritto soggettivo, conoscibile dal giudice ordinario (sentenza 19 marzo 2009, n. 6595; ordinanza 13 luglio 2015, n. 14559).
Il Collegio dunque ha precisato che solo per meccanismi di adeguamento del canone d’appalto aventi fonte di rango normativo sono configurabili poteri dell’amministrazione appaltante di apprezzamento discrezionale di carattere autoritativo, i quali costituiscono il necessario fondamento costituzionale della giurisdizione amministrativa (cfr. Corte Cost., 6 luglio 2004, n. 204). All’opposta conclusione deve invece pervenirsi laddove la clausola revisionale sia stata autonomamente pattuita dalle parti ed inserita nel contenuto del contratto d’appalto, perché le pretese da essa discendenti sorgono nell’ambito di una relazione bilaterale paritaria avente fonte nel vincolo negoziale e nella quale l’amministrazione è priva di poteri di supremazia speciale nei confronti del contraente privato.
Il Collegio inoltre chiarisce che la giurisdizione amministrativa esclusiva, avente per oggetto la revisione dei prezzi, riguarda tecnicamente i meccanismi di rideterminazione del quantum dovuto per le prestazioni rese dalle controparti sulla base del contratto, e non anche la domanda volta a far determinare in sede giurisdizionale se le prestazioni da effettuare vadano modificate in considerazioni di sopravvenienze, con i conseguenti conguagli.
Quindi quando si tratta di rideterminare canoni sulla base di previsioni negoziali tra le parti, trattandosi di fase esecutiva del rapporto, è competente il giudice ordinario.
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