La questione nasce in quanto ai sensi dell’art. 30 del Codice Appalti, le concessioni di servizi sarebbero sottratte alla disciplina dello stesso codice.
In primo luogo, il Collegio chiarisce che le concessioni di servizi pubblici, pur non rientrando nell’ambito di applicazione delle direttive riguardanti gli appalti pubblici, sono comunque sottoposte alle regole fondamentali dei Trattati.
Al riguardo la giurisprudenza ha evidenziato che se l’art. 30 del d.lgs. n. 163/2006, nell’individuare il regime giuridico delle assegnazioni delle concessioni di servizi, disegna un sistema particolare, rendendolo in gran parte libero e comunque avulso dalle disposizioni che regolano i contratti di appalto, lo stesso non si pone (né avrebbe potuto farlo) contro i principi generali che regolano i procedimenti di affidamento dei servizi pubblici, per cui sia che si tratti di appalto che di concessioni, i principi generali che regolano il modo di essere delle pubbliche amministrazioni sono i medesimi (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V – Sentenza 23/05/2011 n. 3086; Adunanza plenaria n. 13/2013 ).
Pertanto, premesso ciò, il Collegio ha osservato, che in merito alla valutazione dell’offerta tecnica e alla predeterminazione dei criteri selettivi, sebbene dunque la normativa comunitaria abbia tendenzialmente escluso dal proprio ambito le concessioni di servizi, le stesse come affermato in premessa, non si sottraggono al rispetto dei principi fondamentali del Trattato tra i cui corollari si apprezza proprio quello della predeterminazione dei criteri selettivi,strumento indispensabile per assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità.
Di conseguenza, sia pure nell’ambito di una gara informale, le concessioni di servizi possono essere affidate solo all’esito di una procedura caratterizzata dalla predeterminazione dei criteri selettivi.
Ad avviso del Collegio dunque tali regole, in quanto tese ad evitare il pericolo concreto di violazione della imparzialità della commissione e quindi poste a tutela della correttezza del procedimento, della trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa, possono ben essere intese come imperative e come tali inderogabili e nel sistema applicabili, perché implicitamente richiamate, anche per la disciplina delle concessioni di servizi, sulla base di canoni di interpretazione sistematica, letterale (solo in apparenza di segno contrario, per la mancanza di un espresso richiamo) e logica.
Il Collegio precisa inoltre che il principio generale nel quale sussumere le disposizioni interessate è quello della trasparenza e imparzialità, che ritroviamo richiamato dall’art. 2 al comma 3 attraverso il rinvio alla L. 241/90 “Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, le procedure di affidamento e le altre attività amministrative si espletano nel rispetto delle disposizioni sul procedimento amministrativo…” .
Pertanto, l’imparzialità, sicuramente principio generale, non richiamato espressamente dall’articolo 2 del codice contratti pubblici, ma richiamato a mezzo del rinvio alla legge n.241 del 1990, deve ritenersi vincolante.
Il Collegio ha inoltre affrontato la questione dell’ illegittima composizione della commissione di gara mancante di figure tecniche.
In proposito ha richiamato vari precedenti giurisprudenziali, tra cui la recente sentenza del Consiglio di Stato secondo cui “non è necessario che l’esperienza professionale di ciascun componente copra tutti gli aspetti oggetto della gara, potendosi le professionalità dei vari membri integrare reciprocamente, in modo da completare ed arricchire il patrimonio di cognizioni della commissione, purché idoneo, nel suo insieme, ad esprimere le necessarie valutazioni di natura complessa, composita ed eterogenea”(cfr. Cons. Stato sez. VI 10/06/2013 n. 3203; Consiglio di Stato, sez. III, 14.12.2015 n. 5670).
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