Il ruolo della Stazione appaltante nel quadro dei principi generali in tema di affidamenti congiunti pluricomunali
In linea generale sono possibili due modelli organizzativi per l’affidamento congiunto del medesimo servizio da parte di più Enti locali che ne sono individualmente titolari:
– il modello della Stazione appaltante in senso stretto, nel quale i singoli Enti delegano le sole funzioni relative allo svolgimento della gara, conservando quelle sostanziali relative alla loro qualità di soggetti titolari del servizio e di soggetti concedenti/affidanti, vale a dire le funzioni di controparte contrattuale del gestore e le funzioni di vigilanza e controllo sull’esecuzione del contratto;
– il modello della Gestione associata, che implica la delega anche delle funzioni di Ente concedente/affidante (controparte contrattuale, vigilanza e controllo) ad unico soggetto, che può essere rappresentato anche da un Ente di governo dell’ambito appositamente costituito.
Entrambi questi modelli organizzativi possono essere realizzati su base volontaria o in via obbligatoria quando sono normativamente imposti.
Lo strumento giuridico appropriato per regolare tali fattispecie è la convenzione ex art. 30, d.lgs. n. 267/2000:
“1. Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli Enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni.
2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli Enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.
3. Per la gestione a tempo determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di un’opera lo Stato e la Regione, nelle materie di propria competenza, possono prevedere forme di convenzione obbligatoria fra Enti locali, previa statuizione di un disciplinare-tipo.
4. Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli Enti partecipanti, ai quali affidare l’esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli Enti partecipanti all’accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli Enti partecipanti all’accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli Enti deleganti”.
Non vi è dubbio che nel caso di specie si verte in materia di esercizio congiunto/coordinato di funzioni e servizi di cui sono titolari i singoli Comuni, mediante delega di questi ultimi ad apposito soggetto (nella maggior parte dei casi, come si vedrà, uno dei Comuni stessi).
Ne deriva la necessità di ricorrere allo strumento convenzionale di cui al citato art. 30, d.lgs. n. 267/2000.
La tesi – non fondata – di chi dubitava in ordine a tale necessità è stata definitivamente superata dall’ultimo capoverso dell’art. 2, comma 1, del Regolamento, come introdotto dal d.m. n.106/2015, che ora fa espresso riferimento alla “convenzione fra i Comuni facenti parte dell’ambito”.
Tale nuova disposizione, peraltro, in deroga ai principi generali, ammette che la convenzione possa essere approvata, anziché tassativamente all’unanimità (criterio direttamente discendente dalla titolarità delle funzioni delegate in capo ai singoli Enti e alla loro inerenza ai rispettivi territori), con maggioranza qualificata pari ai due terzi dei Comuni appartenenti all’ambito che rappresentino almeno i due terzi dei punti di riconsegna dell’ambito stesso.
Si tratta della medesima maggioranza prevista dal legislatore
– come meglio si dirà al paragrafo che segue – per l’individuazione della Stazione appaltante negli ambiti che non includono il capoluogo di Provincia (art. 4, comma 3, ult. cpv., d.l. n. 69/2013, conv. in l. n. 98/2013).
Leggendo la disciplina speciale in materia di ambiti per la distribuzione del gas, pare che sia prevalsa l’opzione della gestione associata – pur con qualche incoerenza interna, come si dirà – con l’esclusione, però, dell’istituzione ex novo di appositi Enti di governo degli ambiti.
In questa direzione orienta anzitutto, esplicitamente, l’art. 2, comma 1, d.m. n. 226/2011:
“Gli Enti locali concedenti appartenenti a ciascun ambito de-mandano al Comune capoluogo di Provincia il ruolo di Stazione appaltante per la gestione della gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale in forma associata secondo la normativa vigente in materia di Enti locali, ferma restando la possibilità di demandare in alternativa tale ruolo a una società di patrimonio delle reti, costituita ai sensi dell’articolo 113, comma 13, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove presente (…)”.
Infatti, i poteri attribuiti alla Stazione riguardano in primo luogo la gara in senso stretto, ma non sono circoscritti a questo campo.
Secondo la definizione contenuta all’art. 1, la Stazione appaltante è, anzitutto, “il soggetto che, su delega degli Enti locali concedenti appartenenti all’ambito, ha responsabilità di bandire, gestire e aggiudicare la gara…”.
Anche l’art. 2, comma 4, precisa: “La Stazione appaltante prepara e pubblica il bando di gara, svolge e aggiudica la gara per delega degli Enti locali concedenti”.
Come si può notare, infatti, le due norme risultano perfettamente simmetriche e sovrapponibili.
L’art. 2, comma 5, tuttavia, attribuisce alla Stazione appaltante anche altri compiti assai rilevanti:
– la funzione di controparte contrattuale (non è più richiesta, per l’attribuzione di tale funzione, com’era nel disposto originario, la delega espressa degli Enti locali: il d.m. n. 106/2015, infatti, ha soppresso l’inciso “per delega espressa degli Enti locali”, n.d.a.);
– le connesse funzioni di vigilanza e controllo, nel cui esercizio la stessa Stazione appaltante è coadiuvata da un comitato di monitoraggio composto dai rappresentanti degli Enti locali (in numero non superiore a 15 membri).
Queste funzioni spettano di diritto alla Stazione appaltante, salvo che gli Enti locali individuino un altro soggetto a cui affidarle. Stando al disposto normativo, inoltre, si tratta di funzioni che devono essere comunque accentrate, non potendo essere conservate in capo ai singoli Enti.
È delegabile, invece, liberamente (altrimenti rimane in capo a ciascun Ente) il compito di raccogliere la documentazione presso il gestore uscente, secondo le modalità indicate dall’art. 4, che saranno successivamente esaminate.
A norma dell’art. 2, comma 5, quindi, non viene in rilievo una Stazione appaltante in senso stretto, ma un soggetto al quale gli Enti locali delegano organicamente le proprie funzioni di titolari del servizio.
Tale configurazione risponde al modello della gestione in forma associata del servizio stesso.
La normativa regolamentare non si spinge sino all’istituzione di apposite autorità d’ambito, ovvero sino alla introduzione di consorzi obbligatori tra gli Enti locali, evitando così di adottare opzioni significativamente incisive dell’autonomia organizzativa dei Comuni, che non troverebbero una solida base normativa nella fonte primaria.
D’altra parte, però, il Regolamento non sembra neppure consentire agli Enti locali di dare corso volontariamente a forme consortili ex art. 31, d.lgs. n. 267/2000 (1).
Infatti, l’art. 2, comma 1, per un verso, richiama “la normativa vigente in materia di Enti locali” e, per altro verso, come si è già visto, vincola la scelta della Stazione appaltante, indicandola, a seconda dei casi, nel “Comune capoluogo di Provincia”, in un altro “Comune capofila”, nella “Provincia”, in “una società di patrimonio delle reti”, ovvero in “un altro soggetto già istituito”.
In buona sostanza, si sceglie il modello della gestione associata, incardinandola su un soggetto giuridico già esistente, che gli Enti locali sono chiamati ad individuare entro ben precisi e ristretti limiti, come si dirà.
A questo punto va perlomeno segnalato che le norme contenute nel d.m. 19 gennaio 2011 non paiono del tutto coerenti con questa ricostruzione, sembrando più ispirate al modello alternativo della Stazione appaltante in senso stretto.
Significativo è, al riguardo, il comma 1 dell’art. 1: “gli Enti locali di ciascun ambito affidano il servizio… tramite gara unica”.
Come si può notare, i poteri di affidamento del servizio restano in capo a ciascun Ente locale (“Gli Enti locali affidano il servizio…”), così come, conseguentemente, le funzioni di controparte contrattuale del gestore. Lo conferma anche il comma 2, il quale prevede espressamente che i singoli Enti locali il cui territorio venga metanizzato dopo lo svolgimento della gara d’ambito, assumano successivi atti di affidamento del servizio a favore del gestore d’ambito già nominato.
In ogni caso, poiché le norme che disciplinano in dettaglio il modello organizzativo sono contenute nel d.m. n. 226/2011, queste sono destinate ad assumere rilevanza dirimente, dovendo essere concretamente applicate nella specifica materia.
Peraltro, la recente novellazione del d.m. n. 226/2011 ha ulteriormente rafforzato i poteri della Stazione appaltante, attribuendole anche un vero e proprio potere di intervento sostitutivo nei confronti dei Comuni che non assolvessero all’obbligo di fornirle la documentazione necessaria alla preparazione del bando di gara entro il termine di 6 mesi previsto dall’art. 2, comma 6.
Così continua, infatti, il citato comma 6, come novellato dal d.m. 20 maggio 2015, n. 106:
“Trascorsi i termini di cui sopra senza ricevere le informazioni utili per la pubblicazione del bando di gara, la Stazione appaltante, previa diffida ai Comuni inadempienti contenente un termine perentorio a provvedere, provvede al reperimento diretto delle informazioni, anche nei confronti dei gestori uscenti, e a tutti gli atti necessari alla preparazione e pubblicazione del bando di gara di cui all’articolo 9, in sostituzione dei Comuni che dovessero rimanere inadempienti. In questo caso l’Allegato B al bando di gara riporta l’eventuale evidenza delle informazioni non fornite direttamente dal Comune”.
La norma stabilisce, anzitutto, che, anche in assenza della delega facoltativamente attribuibile dagli Enti locali in tema di reperimento dei documenti presso il gestore, la Stazione appaltante può provvedere in via sostitutiva se non vi abbia già utilmente provveduto il singolo Comune nel termine prescritto.
Non solo.
La Stazione appaltante è altresì abilitata ad assumere “tutti gli atti necessari alla preparazione e pubblicazione del bando di gara…”.
Tale previsione ha chiaramente lo scopo di superare l’impasse costituito dall’inerzia/ritardo degli Enti nell’attività di determinazione dei valori di rimborso spettanti ai gestori uscenti.
Tale attività non è inclusa nelle deleghe obbligatoriamente da rimettere alla Stazione appaltante, mentre è inclusa solo in minima parte nella delega facoltativa espressamente indicata (concernente solo gli aspetti documentali).
Ciò non esclude, a nostro avviso, che sia possibile – sulla base dei principi generali ex art. 30, d.lgs. n. 367/2000 – includere nella delega alla Stazione appaltante, oltre al reperimento delle informazioni presso i gestori, anche lo svolgimento del supporto istruttorio ai singoli Enti nella definizione economica dei rapporti con i gestori uscenti.
Questa scelta sarebbe anche perfettamente compatibile con la deliberazione AEEG n. 407/2012, che include nel corrispettivo una tantum destinato alla Stazione appaltante a copertura degli oneri di gara anche le spese per tali incombenti (perizie di stima e valutazioni tecnico-economiche che richiedono incarichi di consulenza).
Anche nell’ambito di questa opzione, si ritiene che spetti comunque ai singoli Enti locali interessati il potere di approvazione dei valori di rimborso concordati oppure (in caso di disaccordo) delle stime che consentono di definire l’importo ex art. 5, comma 16, d.m. n. 226/2011. Ciò in quanto i Comuni assumono la veste di Enti concedenti e titolari dei relativi contratti di concessione, i quali potrebbero anche avere effetti patrimoniali diretti dall’applicazione delle relative condizioni alla scadenza (in caso di acquisizione anche parziale di asset impiantistici (2)).
Ebbene, la novella regolamentare sembra ora attribuire alla Stazione appaltante un potere sostitutivo completo e generalizzato, inclusivo anche dell’approvazione dei valori finali di rimborso da indicare nei bandi di gara. Non si ritiene, tuttavia, quantomeno, che tale potere possa estendersi all’applicazione di clausole contrattuali/legali che comportino conseguenze sul patrimonio del singolo Ente, in assenza di formale atto deliberativo di quest’ultimo.
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(1) La forma consortile ex art. 31, d.lgs. n. 267/2000 è utilizzabile dagli Enti locali per l’esercizio associato delle funzioni amministrative di affidamento, vigilanza e controllo dei servizi di rilevanza economica; non più per la gestione operativa di tali servizi, che, a partire dalla prima riforma dell’art. 113, d.lgs. n. 267/2000 (art. 35, l. n. 448/2001), può avvenire solo in forma societaria.
(2) Si fa riferimento, oltre ai casi in cui gli impianti sono acquisiti dall’Ente (cfr. artt. 7 e 14, d.m. n. 226/2011), ai casi in cui è controverso il riparto di proprietà dei cespiti tra gestore e Comune ed, in particolare, al delicato caso delle reti realizzate con contributi del lottizzante a scomputo degli oneri di urbanizzazione.
Articolo estratto dal volume
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