Commento aConsiglio di Stato, sez. III, 14 dicembre 2022, n. 10935
A cura di Riccardo Calvara
Le questioni giuridiche affrontate
Il Consiglio di Stato si è pronunciato sulla riconducibilità dell’iscrizione alle white list prefettizie alla categoria dei requisiti soggettivi obbligatori degli operatori economici.
La questione risulta dirimente affinché possa operare appannaggio delle stazioni appaltanti il meccanismo della eterointegrazione della lex specialis per il tramite di superiori previsioni di legge qualora un disciplinare di gara risulti carente di una previsione in tal senso.
Ciò garantirebbe alle amministrazioni di poter valutare, comunque, l’affidabilità dell’offerente sotto il profilo della non condizionalità della sua attività economica da parte della criminalità organizzata ed eventualmente determinarne l’esclusione.
Il meccanismo della eterointegrazione della lex specialis, tuttavia, potendo frustrare le esigenze di certezza e conoscibilità delle condizioni di partecipazione e l’affidamento dei partecipanti alla loro completezza ed esaustività, è un’evenienza eccezionale (Cons. St., sez. V, 27 luglio 2017, n. 3699), da limitarsi alle ipotesi in cui si individui una vera e propria “lacuna” nella disciplina di gara, la quale abbia omesso di prevedere elementi considerati come obbligatori dall’ordinamento giuridico (Cons. St., sez. III, 24 ottobre 2017, n. 4903). Il suo funzionamento infatti è ritenuto analogo, come ratio e presupposto applicativo, a quello civilistico dell’inserzione automatica di clausole contrattuali rispondenti a norme imperative, prevista dall’art. 1339 c.c. (Cons. St., sez. V, 5 luglio 2017, n. 3303).
Il quadro normativo
L’istituto delle white list è stato introdotto dall’articolo 1, commi 52 e ss., della legge 6 novembre 2011, n. 190. La norma prevede che per alcune attività imprenditoriali ritenute a rischio (elencate al comma 53), la comunicazione e l’informazione antimafia (da acquisire indipendentemente dalle soglie stabilite dal codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159) è obbligatoriamente acquisita dalle pubbliche amministrazioni (meglio, da tutti i soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159), attraverso la consultazione, anche in via telematica, di apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori.
Tali elenchi non costituiscono l’unico strumento previsto dalla legislazione italiana per impedire l’infiltrazione delle mafie nell’economia legale. Anzi, generalmente per tali finalità il Legislatore fa riferimento proprio alle cd. informative classiche previste dal d.lgs. 159/2011, il cd. “Codice antimafia”: comunicazioni e informazioni antimafia.
Le stesse sono richiamate dal vigente Codice dei contratti pubblici ai fini dell’esclusione dell’operatore economico ai sensi dell’art. 80, comma 2, ove si stabilisce che “Costituisce altresì motivo di esclusione la sussistenza, con riferimento ai soggetti indicati al comma 3, di cause di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall’articolo 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, del medesimo decreto.
Resta fermo quanto previsto dagli articoli 88, comma 4-bis, e 92, commi 2 e 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, con riferimento rispettivamente alle comunicazioni antimafia e alle informazioni antimafia.
Resta fermo altresì quanto previsto dall’articolo 34-bis, commi 6 e 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”.
Al contempo, una parte della giurisprudenza da tempo aveva evidenziato che le disposizioni relative all’iscrizione nella white list formerebbero un corpo normativo unico con quelle dettate dal Codice antimafia indipendentemente dalle finalità delle misure.
Il caso di specie
Nell’ambito di una gara avente ad oggetto l’affidamento in gestione di una casa di riposo comunale per anziani la stazione appaltante aveva ritenuto di poter escludere un operatore economico conformandosi ad un parere di precontenzioso adottato da ANAC ai sensi dell’art. 211 del d.lgs n. 50 del 2016. L’amministrazione aveva rilevato che l’impresa interessata sarebbe stata “priva, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, del requisito imperativo previsto ex lege dell’iscrizione alla cd. White list prefettizia per l’attività di ristorazione”.
Nel parere fondante il provvedimento, l’Autorità aveva rappresentato come l’iscrizione alla white list fosse correlata univocamente allo svolgimento della prestazione nell’ambito di uno dei settori cd. a maggior rischio di infiltrazione della criminalità organizzata.
Tra questi settori vi era l’attività di “ristorazione, gestione delle mense e catering”), che insieme ad altri costituiva oggetto delle prestazioni da affidare. ANAC chiariva che la normativa in materia non opera differenziazioni tra attività principali e secondarie, in ragione della natura dell’impresa, del suo oggetto sociale o della tipologia di utenza che beneficia dell’attività. Aggiungeva, inoltre, che l’obbligo di iscriversi alla white list sarebbe sancito direttamente da norme imperative con finalità di tutela dell’ordine pubblico, della libera concorrenza, del buon andamento della p.a.
Tale caratteristica conferirebbe all’istituto l’effetto eterointegrativo della lex specialis in punto di definizione dei requisiti di ordine generale.
L’impresa esclusa ricorreva innanzi al Tar, domando l’annullamento del provvedimento e della delibera ANAC che ne costituiva il presupposto e ne integrava la motivazione. Rappresentava che l’oggetto dell’affidamento era un “complesso di prestazioni unico ed inscindibile” (gestione della residenza per anziani) di cui il servizio di ristorazione non risultava l’“attività prevalente”, che non era, tra l’altro, rivolta ad un pubblico generalizzato e che la documentazione di gara non prevedeva la necessaria iscrizione nella white list.
La pronuncia del giudice di prime cure
Il Tar ha accolto il ricorso e ha annullato gli atti impugnati. Secondo il giudice nel caso in esame la legge di gara non prevedeva l’iscrizione nelle white list quale requisito di partecipazione, contrariamente a quanto sostenuto dall’ANAC.
La plastica divergenza di vedute derivava dal fatto che al disciplinare era allegato un modulo da compilare che riportava una dichiarazione relativa all’iscrizione nei suddetti elenchi. Secondo l’Autorità la presenza di una simile dichiarazione in un modulo che la stazione appaltante aveva predisposto, integrava la legge di gara facendo assurgere a requisito di partecipazione l’iscrizione in White list (il cui possesso era previsto proprio in detto modulo).
Il Collegio, al contrario, affermava che il modulo costituisse semplicemente un format di dichiarazione facoltativa che i concorrenti non avrebbero dovuto presentare necessariamente. Per tale motivo, il possesso dell’iscrizione negli elenchi non poteva assurgere a requisito indefettibile per la partecipazione dell’operatore e, quindi, in assenza di una specifica prescrizione del disciplinare, non sarebbe stato legittimo escludere il concorrente sprovvisto.
Esclusa, dunque, la possibilità di rinvenire direttamente nella lex specialis il requisito dell’iscrizione alla white list ai fini della partecipazione, il Tribunale ha altresì escluso la diretta applicabilità alla gara delle previsioni di legge contenute nell’art. 1, commi 52, 52-bis e 53 della l. 190 del 2012.
Tali disposizioni, pur fornendo idonea base legale per la previsione di una apposita clausola del Disciplinare di gara che, in forma chiara ed espressa, elevi l’iscrizione nella white list a condizione di partecipazione (previsione che non potrebbe quindi ritenersi contrastante con il principio di necessaria “tipicità” delle cause di esclusione, previsto dall’art. 83, comma 7), non avrebbero i caratteri necessari per assumere valore eterointegrativo del bando, nel senso prospettato da ANAC e dalla Stazione appaltante (sed contra, Tar Piemonte, sez. I, 4 gennaio 2019, n. 19)
Ad avviso del Tribunale amministrativo regionale i commi le norme richiamate si limiterebbero a prevedere, per determinati settori, il meccanismo della white list quale strumento che sostituisce la documentazione antimafia di cui al d.lgs. 159 del 2011 e dunque, quanto a controlli sottesi e meccanismo di funzionamento essendo entrambe configurate quali fattispecie condizionanti l’ingresso in un rapporto contrattuale con l’amministrazione e non invece alla partecipazione alla procedura di evidenza pubblica.
Il dettato normativo, in altri termini, lascerebbe intendere che l’iscrizione alla white list debba essere obbligatoriamente controllata dal soggetto pubblico solo in una fase prenegoziale, come avviene per la documentazione antimafia, e non invece considerata in termini di condizione di partecipazione.
Pertanto, pur ribadendosi che la stazione appaltante avrebbe potuto senz’altro prevedere nel disciplinare l’iscrizione alla white list alla stregua di condizione di partecipazione, ad avviso del TAR l’omissione di una clausola siffatta non costituisce una lacuna della lex specialis rispetto ad una regola imperativa chiara ed inequivoca che sia necessario colmare attraverso il meccanismo dell’eterointegrazione, né comunque impedisce il raggiungimento del risultato di interesse pubblico cui è preordinato lo svolgimento della specifica gara (giacché, pur in assenza di clausola escludente, i controlli antimafia saranno pur sempre effettuati nei confronti dell’impresa aggiudicataria, così garantendo l’amministrazione circa la qualità del proprio contraente).
La decisione del Consiglio di Stato
Avverso tale sentenza l’Autorità Nazionale Anticorruzione proponeva appello innanzi il Consiglio di Stato, chiedendone la integrale riforma.
L’appellante deduce l’erroneità della sentenza del primo giudice per difetto di motivazione, sul rilievo che la normativa anticorruzione abbua introdotto un requisito obbligatorio di partecipazione alle gare, potendo, dunque, legittimamente operare l’eterointegrazione della lex specialis nei casi in cui, come nell’ipotesi di specie, la legge di gara non avesse espressamente previsto l’iscrizione alle white list, quale requisito di partecipazione alla gara.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato l’appello, precisando che il giudice di prime cure non abbia applicato del tutto correttamente i principi predicabili in subiecta materia.
Il Supremo Collegio ha affermato che essere ius receptum nella giurisprudenza amministrativa “la pacifica vigenza del principio per il quale la disciplina delle white list introdotta dall’articolo 1, commi 52 e segg., della legge 6 novembre 2011, n. 190, fa tutt’uno con quella delle informative interdittive antimafia e la integra”.
Tale conclusione riguardante l’assimilazione dei due documenti antimafia (la comunicazione antimafia e l’informazione antimafia), non si limiterebbe, invero, ai soli effetti interdittivi, ma si estenderebbe anche alla sua natura di requisito soggettivo di partecipazione alle gare.
Non è dirimente, ad avviso del Collegio, che l’articolo 80,comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, richiami solo le informative “classiche”, dovendosi tener conto del disposto del comma 52 dell’articolo 1, l. n. 190/2012, da cui emerge chiaramente che la white list altro non è che “una modalità particolare di effettuazione delle verifiche antimafia, prevista dalla legge in relazione a particolari settori, di modo che il richiamo alle informative prefettizie deve intendersi sempre riferito anche alla iscrizione a tali liste”. Assunto che non si porrebbe neppure in contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione ex art. 83, comma 8, del Dl.gs. n. 50/2016, come invece paventato dal TAR.
La stazione appaltante, dunque, non poteva sottrarsi alla forza cogente delle previsioni, e segnatamente, a quelle che richiedono a pena di esclusione che gli operatori economici siano iscritti in appositi elenchi (cd. white list) così come indicato dall’art. 1, comma 52, della Legge n. 190/2012 e dal d.P.C.M. del 18 aprile 2013 pubblicato in G.U. il 15 luglio 2013.
Considerazioni conclusive
Nella pronuncia in commento il Consiglio di Stato conferma un’interpretazione piuttosto rigorosa delle disposizioni in materia di iscrizione nelle white list. Il Collegio, infatti, rigetta la pretesa della ricorrente di escludere l’attività di somministrazione pasti, prestata nel contesto di un servizio unitario la gestione dell’attività di riposo, dal novero delle attività imprenditoriali “maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa”.
L’art. 1, comma 53, della L. n. 190/2012, infatti, elencherebbe una serie di attività, tra cui quella di “ristorazione, gestione delle mense e catering”, senza in alcun modo differenziare a seconda del carattere principale o secondario di essa nell’ambito delle prestazioni oggetto dell’affidamento.
Il Collegio afferma quindi la natura di requisito soggettivo di partecipazione dell’iscrizione alla white list, richiamando i commi 52, 52 bis e 53 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2012, nonché il d.P.C.M. del 18 aprile 2013.
Tali norme non solo prescriverebbero la consultazione del relativo elenco quali modalità obbligatorie per l’acquisizione della documentazione antimafia necessaria in vista del perfezionamento di contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ma dal suindicato reticolo normativo, discenderebbe valida base giustificativa a supporto della previsione degli adempimenti prescritti quali requisiti di partecipazione obbligatori alle procedure di gara.
Requisiti, che secondo consolidata giurisprudenza, debbono essere posseduti con continuità non solo al momento della presentazione della domanda, ma per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e per tutta la fase di esecuzione del contratto, senza soluzione di continuità.
È interessante notare come, a pochi giorni dalla pubblicazione della sentenza, ANAC attraverso un comunicato del Presidente del 27 gennaio 2021 abbia riproposto le medesime conclusioni a cui era giunto il Consiglio di Stato con argomentazioni del tutto speculari.
Nella parte conclusiva dell’atto si legge che “Trattandosi di un requisito ex lege a presidio di diritti e principi di ordine costituzionale, quali la salvaguardia dell’ordine pubblico, della concorrenza e del buon andamento della Pubblica Amministrazione, esso non può essere derogato dalla stazione appaltante nell’elaborazione dei documenti di gara.
Ed infatti, i commi 52, 52 bis e 53 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2012, nonché, il d.P.C.M. del 18 aprile 2013, costituiscono una valida base giustificativa a supporto della previsione degli adempimenti previsti dalle prefate disposizioni come requisito di partecipazione alla procedura di gara a pena di esclusione, tra cui rientra proprio l’iscrizione alla white list.
Le eventuali clausole di segno contrario o l’assenza della clausola che imponga, a pena di esclusione, detta iscrizione sono suscettibili di essere sostituite o colmate, attraverso l’eterointegrazione degli atti di gara e ciò in considerazione della natura imperativa e cogente della disciplina relativa agli accertamenti antimafia nei settori a rischio di infiltrazione mafiosa”.
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