E’ stringente la tempistica di vigenza dal 30 giugno 2022, analoga al 30 giugno 2023 per la realizzazione dei lavori al 60% in Superbonus, della disposizione dell’art. 18 bis del DL 36/2022, che ha introdotto il parere obbligatorio e non vincolante – consistente in una preliminare valutazione della corretta impostazione della compatibilità del Superbonus con il contratto di PPP -, che deve essere rilasciato in 45 gg dal DIPE in concerto con il MEF dalla richiesta dell’amministrazione che abbia ricevuto una proposta in PPP da un operatore economico privato.
La richiesta del parere è preliminare alla dichiarazione di fattibilità della proposta di partenariato da parte dell’amministrazione aggiudicatrice.
L’ambito di applicazione riguarda i contratti di PPP con utilizzo del Superbonus di valore superiore a 10 milioni di euro finanziati con i fondi PNRR; in questo caso deve darsi per scontato che il Superbonus sia esclusivamente finanziato dai Fondi PNRR e per le coperture non ci sia affidi ad altre fonti, fatto che non farebbe scattare la norma, ma è chiaramente una probatio diabolica per le amministrazioni che non approfondiranno mai questo distinguo.
Il Legislatore conosce che la disposizione si introduce in quel complesso procedimento che le gli IACP/ATER nel territorio nazionale hanno voluto attivare sollecitando gli operatori economici a presentare proposte di PPP, mediante dei bandi pubblicati, per la riqualificazione energetica e sismica e la gestione degli asset di edilizia pubblica che soffrono di un fortissimo gap strutturale.
Gli IACP/ATER che in questa fase non hanno ancora emesso la dichiarazione di fattibilità tecnica – gli altri, per il caso dell’avvenuta dichiarazione, sono completamente svincolati – che per la circostanza di avere agito con competenza, non solo impostando nei bandi la corretta strutturazione del PPP ma per avere negoziato per assimilare la struttura della convenzione al modello standard del MEF e dell’ANAC del 2020 e alla distribuzione dei rischi e il monitoraggio alle Linee guida ANAC n. 9/2018, si trovano “alle strette” perché quei 45 gg del parere mettono in pericolo la fattibilità del 60 % dei lavori al 30 giugno 2023.
In poche parole, proprio quelle amministrazioni che hanno investito sino a questo momento in negoziazione e competenza per assimilare il Superbonus a quegli strumenti di soft law che sono stati messi a disposizione dallo stesso MEF e ANAC, si possono trovare a dover rinunciare a procedere alla gara e alla sottoscrizione del contratto proprio perché sanno che il cronoprogramma impedisce di ottenere il 60% dei lavori al 30 giugno 2023.
Una soluzione plausibile e in linea con i principi del Codice dei contratti, per cui lo jus superveniens trova il limite di applicazione a quei procedimenti per i quali non sia stato pubblicato un bando che “fissa” la normativa applicabile e impedisce la retroattività della nuova disposizione, è di ricorrere al parere solo per quelle operazioni che non siano state introdotte dalla pubblicazione di avviso/bandi di sollecitazione alla presentazione delle proposte, precedenti alla vigenza della nuova disposizione che rende obbligatorio il parere.
Le proposte per tempi tardivi di presentazione, sottoposte autonomamente, senza sollecitazione di un avviso, meriterebbero proprio un controllo preventivo ma non quelle che hanno impegnato gli IACP/ATER in un lungo e consapevole procedimento di attuazione; si aggiunga che il rischio di perdere l’aggiudicazione del contratto, secondo il principio costituzionale di efficienza dell’azione amministrativa, dovrebbe consentire ai RUP di avere un argomento in più per non mettere a rischio una operazione per cui si è già speso molto anche in termini di controllo e di impostazione contrattuale del PPP.
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