I soggetti dell’illecito professionale: uno, nessuno e centomila

(Consiglio di Stato, sez. V, 28 gennaio 2019, n. 702 – TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 23 ottobre 2018, n. 782 – TRGA Trentino Alto Adige, Bolzano, 22 gennaio 2019, n. 14 – TAR Lombardia, Milano, sez. I, 29 gennaio 2018, n. 250)

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(Consiglio di Stato, sez. V, 28 gennaio 2019, n. 702 – TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 23 ottobre 2018, n. 782 – TRGA Trentino Alto Adige, Bolzano, 22 gennaio 2019, n. 14 – TAR Lombardia, Milano, sez. I, 29 gennaio 2018, n. 250)

Nella più recente giurisprudenza si registra un aperto e significativo contrasto sull’ambito di applicazione soggettiva del motivo di esclusione relativo agli illeciti professionali di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) c bis) e c ter), del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i., e in particolare sulla corretta individuazione dei soggetti dell’operatore economico cui tali condotte e provvedimenti siano  riferibili ai fini delle valutazioni richieste alle stazioni appaltanti per vagliare la sussistenza di eventuali circostanze ostative alla partecipazione alla gara.

Se da un lato, infatti, si ritiene che allo scopo rilevino le posizioni di tutti i soggetti specificati al comma 3 del suddetto art. 80 (TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 23 ottobre 2018, n. 782, confermato da Consiglio di Stato, sez. V, 28 gennaio 2019, n. 702), come indicato nelle pertinenti Linee Guida n. 6 dell’ANAC, dall’altro è stato invece statuito che il predetto comma 3 dell’art. 80 non sarebbe passibile di interpretazioni analogiche ed estensive, dovendosi perciò circoscrivere le predette valutazioni afferenti all’illecito professionale al solo operatore economico concorrente (e/o al suo eventuale subappaltatore).

Come noto, tra i motivi di esclusione contemplati dal Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i. che assumono grande rilievo e destano maggiore apprensione e incertezza tra gli operatori del settore, in sede di interpretazione e attuazione, vi sono senza dubbio quelli relativi alla verifica della eventuale sussistenza di illeciti professionali in capo alle imprese concorrenti, quali definiti dall’art. 80, comma 5, lett. c), c bis) e c ter), del predetto Codice e specificati, in via esemplificativa e non esaustiva, dalle Linee Guida n. 6 dell’ANAC – approvate dapprima con delibera 16 novembre 2016, n. 1293 e aggiornate poi al d.lgs. 19 aprile 2017, n. 57 (cd. “Correttivo” al Codice dei contratti pubblici) con deliberazione 11 ottobre 2017, n. 1008 – “(…) al fine di garantire omogeneità di prassi da parte delle stazioni appaltanti, [per individuare] quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nell’esecuzione di un procedente contratto di appalto siano significative ai fini del medesimo comma 5, lettera c)” (art. 80, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016).

Orbene, tra molti i profili applicativi di tale fattispecie ostativa che ingenerano a tutt’oggi significative perplessità e alee nell’ottica della partecipazione alle – e della permanenza nelle – procedure di affidamento di contratti pubblici (ampiezza e consistenza degli oneri dichiarativi richiesti all’uopo alle imprese, sovrapposizioni con le ipotesi di mendacio, rilevanza temporale delle circostanze da denunciare in gara, etc.), vi è quello assai sensibile della corretta perimetrazione soggettiva di siffatte prescrizioni, ovverosia della individuazione dei soggetti riconducibili alla sfera dell’operatore economico in gara cui riferire eventuali illeciti professionali rilevanti ai fini dell’esclusione dalla gara.

Sul punto, per un migliore e più agevole in quadramento della questione, occorre anzitutto rammentare l’assetto della citata disposizione inerente agli illeciti professionali, senza poter mancare di segnalare che essa è stata di recente interessata dalle modifiche di cui al D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, recante “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione” (cd. “Decreto Semplificazioni”).

In esito all’apporto di tali modifiche, difatti, la norma ha assunto oggi il seguente tenore:

“Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6 qualora: (…)

c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità;

c-bis) l’operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione;

c-ter) l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa; (…)” (art. 80, comma 5, lett. c), c bis) e c ter), del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i.).

Orbene, non può di certo omettersi che siffatta nuova formulazione, quale scaturita dalle predette e recenti modifiche, conosce riflessi di sicuro ed importante impatto operativo, nella misura in cui l’iniziale previsione di una sola disposizione in tema, sostenuta dalla indicazione di talune circostanze esemplificative (art. 80, comma 5, lett. c), è stata oggi mutata e articolata in tre diverse fattispecie dispositive (lett. c), c bis) e c ter), con conseguente collocazione delle suddette indicazioni esemplificative già contenute in origine nella suddetta lett. c) in autonome fattispecie di illecito professionale. Queste modificazioni hanno così conferito alle odierne previsioni di legge di che trattasi un tenore di portata attuativa, se possibile, ancora più incerta, ponendosi quasi in contraddizione con la stessa ratio e denominazione del menzionato decreto modificativo (anzitutto per quanto concerne la lett. c) oggi privata di indicazioni esemplificative, con l’effetto di renderne i contenuti precettivi ancor più generici).

Ad ogni modo, in disparte le criticità di taglio oggettivo della norma in esame, con specifico riguardo al tema qui in rilievo va evidenziato che, come si vede, altresì in seguito alle suesposte modifiche intervenute di recente essa non fornisce in ogni caso alcuna indicazione in ordine ai soggetti cui riferire quelle fattispecie rilevanti da sottoporre al vaglio delle stazioni appaltanti.

A fronte di ciò, le citate Linee Guida ANAC n. 6 hanno comunque precisato l’ambito soggettivo di applicazione delle previsioni di legge di cui sopra, specificando al par. 3.1 che “I gravi illeciti professionali assumono rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara quando sono riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del Codice.

Ai fini della partecipazione alla gara, la stazione appaltante deve verificare l’assenza della causa ostativa prevista dall’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice in capo:

– all’operatore economico, quando i gravi illeciti professionali sono riferibili direttamente allo stesso in quanto persona giuridica;

– ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del Codice quando i comportamenti ostativi sono riferibili esclusivamente a persone fisiche;

– al subappaltatore nei casi previsti dall’art. 105, comma 6, del Codice”.

Siffatte Linee Guida n. 6, è bene chiarirlo da subito, sono state peraltro classificate tra quelle di natura “non vincolante”, in virtù dell’esegesi svolta in proposito dal Consiglio di Stato – cfr. parere n. 2296/2016 reso dalla Commissione Speciale del Supremo Consesso in data 3 novembre 2016, secondo cui le Linee Guida in argomento sono da sussumersi nel “(…) novero di quelle a carattere non vincolante, che hanno una funzione promozionale di buone prassi da parte delle stazioni appaltanti”.

Tanto premesso e chiarito sotto il profilo squisitamente normativo, come detto siffatta indicazione ermeneutica e operativa, tuttavia, non può ritenersi di chiara e pacifica portata, proprio per l’assenza di espresse precisazioni di legge sul punto e complice l’acceso dibattito che dal principio assedia la delicata collocazione tra le fonti del diritto dell’innovativo sistema di regolamentazione attuativa del Codice del 2016 imperniato sulla cd. “Soft law”, ovverosia sulla emanazione di decreti e, soprattutto, delle citate Linee Guida dell’ANAC (con buona pace delle teorie del grande giurista Vezio Crisafulli).

Al riguardo, lo si è accennato sopra, deve infatti registrarsi una frontale contrapposizione giurisprudenziale espressa da due differenti indirizzi:

  • uno teso a far valere, ai fini delle verifiche e valutazioni poste in capo alle stazioni appaltanti sugli illeciti professionali dei concorrenti, la rilevanza delle posizioni di tutti i soggetti specificati al comma 3 del suddetto art. 80 del Codice, in conformità alle indicazioni recate dalle menzionate Linee Guida n. 6 dell’ANAC (cfr. TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 23 ottobre 2018, n. 782, confermato da Consiglio di Stato, sez. V, 28 gennaio 2019, n. 702);
  • l’altro invece propenso a sostenere che il predetto comma 3 dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i. non è passibile di interpretazioni analogiche ed estensive, dovendosi perciò circoscrivere le predette valutazioni afferenti all’illecito professionale al solo operatore economico concorrente (e/o al suo eventuale subappaltatore).

Segnatamente, alla stregua del primo indirizzo, espresso dal TAR Bologna e poi confermato in sede di appello dal Consiglio di Stato, è stato accertato che “Per quanto attiene (…) all’interpretazione oltremodo restrittiva data dalla ricorrente all’art. 80, comma 3 del D. Lgs. n. 50, nella parte in cui la norma individua i diversi soggetti “operatori economici” a cui devono essere ascritte le conseguenze sanzionatorie derivanti dall’accertamento in sede penale di determinati gravi illeciti professionali, il Collegio ritiene che detta interpretazione non sia giuridicamente sostenibile e non trovi convincente appiglio nemmeno nelle citate Linee Guida ANAC n. 6. Si deve osservare, al riguardo, che la ratio della previsione di cui all’art. 80, comma 5 lett. c) del D. Lgs. n. 50 del 2016 relativa all’inserimento, tra le cause di esclusione dalle gare per mancanza dei requisiti morali da parte dell’operatore economico, dei gravi illeciti professionali accertati a carico dello stesso, consiste proprio nel verificare, sulla base dei parametri della concretezza e della effettività, la presenza o meno di tali illeciti, indipendentemente dalla natura giuridica assunta dall’operatore economico. Pertanto, nel caso – qui ricorrente – di operatore economico avente natura giuridica di società di capitali, l’accertamento dovrà necessariamente riguardare tutti i soggetti societari indicati nell’art. 80 comma 3 del D. Lgs. n. 50 del 2016 e, quindi, essere esteso a tutti i soggetti societari ai quali è stata conferita la rappresentanza legale o che comunque siano muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, nonché al direttore tecnico o al socio unico persona fisica, ovvero al socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci (v. T.A.R. Lazio –RM- sez. II 23/7/2018 n. 8287. Nella specie, pertanto, risulta legittimo l’operato della stazione appaltante che, dopo avere accertato che l’attuale socio di maggioranza di -OMISSIS- ha commesso, in recenti anni addietro, i citati gravi illeciti professionali per i quali è stato condannato in sede penale, ha escluso l’operatore economico dalla gara, a nulla rilevando, stante la riferita ratio della disposizione in parola, che la suddetta persona fisica, abbia commesso gli illeciti al tempo in cui era rappresentante legale o amministratrice di altre società” (TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 23 ottobre 2018, n. 782). A tale statuizione, come detto, ha fatto eco quella del Supremo Consesso che, nel confermare quanto deciso dal Giudice di prime cure, ha precisato che “Come evidenziato da Cons. Stato Ad. plen. 6 novembre 2013, n. 24 (la cui statuizione, con riferimento agli obblighi dichiarativi di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, trova applicazione anche con riferimento a quelli prescritti dal nuovo Codice dei contratti, che sul punto ha confermato le previgenti prescrizioni), la disciplina dettata in materia di appalti pubblici mira tra l’altro ad assicurare che non partecipino alle gare, né stipulino contratti con le amministrazioni, società di capitali con due o tre soci per le quali non siano attestati i previsti requisiti di idoneità morale in capo ai soci aventi un potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione della società.

Un socio ha un tale potere quando per adottare le decisioni non si può prescindere dal suo apporto, assumendo di conseguenza questo potere efficacia determinante non soltanto in negativo, in funzione di veto, ma anche in positivo, in funzione di codeterminazione, poiché il socio che ha il potere di interdire l’adozione di una decisione è anche quello che deve concorrere perché sia adottata. Tale presupposto ricorreva nel caso di specie, possedendo la -OMISSIS-il 95,5% del capitale di -OMISSIS- s.r.l.

Correttamente dunque la stazione appaltante ha ritenuto che il socio di maggioranza persona fisica dell’operatore economico che partecipa alla gara non possa essere considerato terzo rispetto all’operatore economico medesimo. Conseguentemente, le condanne anche non definitive al medesimo comminate rilevano ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno dei requisiti soggettivi di moralità del concorrente. Verificare il possesso dei requisiti di moralità in capo al socio di maggioranza in grado di condizionare le decisioni della società significa, quindi, verificare detto possesso in capo all’operatore economico concorrente” (così Consiglio di Stato, sez. V, 28 gennaio 2019, n. 702).

Sullo specifico argomento, si è formato di contro un differente indirizzo, il quale ha invece censurato il comportamento di una stazione appaltante che aveva “(…) interpretato le citate disposizioni, sotto il profilo soggettivo, nel senso che le citate cause di esclusione previste dal comma 5 dell’art. 80 del D. Lgs. n. 50 del 2016 debbano applicarsi all’operatore economico che concorre alla gara anche quando le gravi infrazioni / gravi illeciti professionali ivi previsti siano commessi da uno dei soggetti individuati dal sopra richiamato comma 3 dell’art. 80.

Il Collegio non condivide tale interpretazione, per i motivi di seguito esposti.

È bene ricordare anzitutto che, secondo un costante orientamento della giurisprudenza, le cause d’esclusione dalle gare pubbliche sono tipiche e di stretta interpretazione, non suscettibili di estensione analogica: “Nelle gare pubbliche d’appalto, le clausole di esclusione poste dalla legge (o dal bando)…sono di stretta interpretazione, dovendosi dare esclusiva prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute e restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta ad evidenziare significati impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione. Ne consegue che le norme di legge e di bando che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche devono essere interpretate nel rispetto del principio di tipicità e tassatività delle ipotesi di esclusione, che di per sé costituiscono fattispecie di restrizione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione, oltre che dal Trattato dell’Unione Europea” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 11 febbraio 2013, n. 768; nello stesso senso: Sez. V, 21 giugno 2016, n. 2722, Sez. V, 13 maggio 2014, n. 2448 e Sez. V, 21 febbraio 2013, n. 1061).

Il principio di tassatività delle cause di esclusione dalla gara è sancito nel comma 8 dell’articolo 83 del D.Lgs. n. 50 del 2016, che – in continuità con il previgente comma 1-bis dell’articolo 46 del D.Lgs. n. 163 del 2006 – commina la nullità delle previsioni della legge di gara recanti cause di esclusione ulteriori e diverse rispetto a quelle normativamente fissate, codificando così l’orientamento sostanzialista invalso nella più recente giurisprudenza amministrativa: “Le cause di esclusione dalla gara, in quanto limitative della libertà di concorrenza, devono essere ritenute di stretta interpretazione, senza possibilità di estensione analogica, con la conseguenza che, in caso di equivocità delle disposizioni che regolano lo svolgimento della gara, deve essere preferita quell’interpretazione aderente ai criteri di proporzionalità e ragionevolezza, che eviti eccessivi formalismi e illegittime restrizioni alla partecipazione” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 2 febbraio 2018, n. 693).

Ciò chiarito, il Collegio ritiene che i motivi di esclusione previsti dal comma 5 dell’art. 80 del D. Lgs. n. 50 del 2016, siano da riferirsi esclusivamente all’operatore economico che partecipa alla gara, o al suo subappaltatore, come espressamente stabilito dalla stessa norma.

Detta interpretazione è conforme non solo alla lettera del comma 5 dell’art. 80, ma anche a quanto previsto dal legislatore al comma 3 dello stesso articolo, in base al quale le sole cause di esclusione “di cui ai commi 1 e 2” si estendono anche ad altri soggetti ivi individuati, lasciando intendere che le cause di esclusione previste negli altri commi dell’art. 80 debbano trovare applicazione solo nei confronti dell’impresa concorrente (“operatore economico”) e del suo eventuale “subappaltatore”, non invece nei confronti dei soggetti individuati nel comma 3 dell’art. 80.

Non può quindi condividersi l’interpretazione offerta sul punto dal–OMISSIS-, che ha disposto l’esclusione della società ricorrente dalla gara ai sensi del comma 5, lettere a) e c), dell’art. 80 del D. Lgs. n. 50 del 2016 per fatti compiuti dal signor -OMISSIS- nel corso della sua pregressa attività in campo edilizio, quando rivestiva la carica di legale rappresentante della cessata impresa di costruzioni -OMISSIS-, non quindi per condotte riconducibili direttamente all’impresa concorrente -OMISSIS-, di cui è attualmente consigliere del CdA.

Il Collegio è consapevole che le Linee Guida dell’ANAC, adottate dall’Autorità in esecuzione di quanto previsto dal comma 13 dell’art. 80 del D. Lgs. n. 50 del 2016 e s.m., hanno precisato, con riferimento specifico al comma 5, lett. c) dell’art. 80, che “i gravi illeciti professionali assumono rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara quando sono riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del Codice” (Linee Guida n. 6 approvate con deliberazione del Consiglio dell’Autorità n. 1293 del 16 novembre 2016, da ultimo aggiornate con deliberazione n. 1008 dell’11 ottobre 2017 – cfr. doc. 19 della ricorrente).

Va rilevato, tuttavia, che le dette Linee Guida non hanno natura vincolante, come sottolineato dal Consiglio di Stato nel parere n. 2296/2016, reso il 3 novembre 2016 dall’Adunanza della Commissione speciale: “Avuto riguardo alla tipologia di linee guida previste dal citato art. 80, c. 13, è da ritenere che quelle ivi previste appartengano al novero di quelle a carattere non vincolante, che hanno una funzione promozionale di buone prassi da parte delle stazioni appaltanti” (nello stesso senso, cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299).

Il riferimento contenuto nelle Linee Guida ai soggetti individuati dal comma 3 dell’art. 80 del D. Lgs. n. 50 del 2016 si pone, a giudizio del Collegio, in contrasto non solo con il comma 5 dell’art. 80, ma anche con il dettato dello stesso comma 3, che si riferisce testualmente alle sole ipotesi tassative di esclusione previste ai commi 1 e 2 dell’art. 80. E tale disposizione non può essere oggetto di interpretazioni estensive o analogiche, come affermato di recente anche dal TAR Lombardia: “Né può condividersi l’interpretazione estensiva della previsione di cui all’art. 80, c. 3, D. Lgs. n. 50 del 2016 delineata dall’ANAC nelle linee guida n. 6/2016 ed accolta dall’amministrazione comunale in quanto si pone in netto contrasto con la lettera della norma, la quale delimita chiaramente il proprio ambito di operatività alle sole ipotesi di cui ai commi 1 e 2 dello stesso articolo e non trova, pertanto, applicazione nelle ipotesi di cui al comma 5” (Milano, Sez. I, 29 gennaio 2018, n. 250). Un tanto è sufficiente a ritenere fondata la censura di violazione ed erronea applicazione del comma 5 dell’art. 80 del D. Lgs. n. 50 del 2016 e s.m.i.” (così TRGA Trentino Alto Adige, Bolzano, 22 gennaio 2019, n. 14; in tal senso v. anche TAR Lombardia, Milano, sez. I, 29 gennaio 2018, n. 250).

Alla luce di quanto sopra emerge dunque, manifesta, la necessità di trovare opportuno e adeguato spazio, nel quadro complessivo delle iniziative di riforma e rivisitazione del Codice dei contratti pubblici già messe in cantiere dal legislatore, ad una migliore e più specifica perimetrazione soggettiva, oltre che oggettiva, della norma in esame – che, come noto, costituisce uno dei punti nevralgici e maggiormente sensibili delle previsioni di legge dettate in tema di qualificazione degli operatori economici in gara. Oggi più che mai, infatti, si staglia l’urgenza di conferire alla norma medesima profili interpretativi e attuativi decisamente più chiari ed efficaci, così da porre finalmente rimedio alle molteplici incertezze e ambiguità applicative di cui la stessa soffre sin dal principio e la cui deriva sta giungendo ad assumere, come si è visto, contorni e sfumature di suggestione pirandelliana.

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Consiglio di Stato, sez. V, 28 gennaio 2019, n. 702

TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 23 ottobre 2018, n. 782

TRGA Trentino Alto Adige, Bolzano, 22 gennaio 2019, n. 14

TAR Lombardia, Milano, sez. I, 29 gennaio 2018, n. 250

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