I limiti del subappalto alla Corte di Giustizia: l’ordinanza illustra le motivazioni

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La questione pregiudiziale relativa ai limiti per il subappalto

La I Sezione del T.a.r. Lombardia aveva anticipato, con sentenza non definitiva n. 28 del 5 gennaio, già commentata su questo sito, la proposizione di una questione pregiudiziale relativa ai limiti per il subappalto – previsti indifferentemente per lavori, servizi e forniture all’art. 105, comma 2, d.lgs. n. 50/2016 – ora formalizzata e ampiamente motivata con ordinanza n. 148 del 19 gennaio 2018.

Con la proposizione di tale questione pregiudiziale il T.a.r. ha richiesto alla Corte di Giustizia di fornire risposta al dubbio relativo alla possibile violazione dei principi di libertà di stabilimento (art. 49 TFUE), di libera prestazione dei servizi (art. 56 TFUE) e di proporzionalità, nonché dell’art. 71, Direttiva 2014/24/UE, che non prevede alcun limite per il subappalto, da parte della disciplina codicistica che invece prevede lo stringente limite del 30% senza eccezioni di sorta.

La motivazione dell’ordinanza prende in esame la giurisprudenza della Corte di Giustizia già formatasi sotto la vigenza delle precedenti Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, da cui traspare un sostanziale favor per il subappalto, che incentiva la concorrenza «più ampia possibile» e «l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici», e un corrispondente sfavore per le limitazioni all’istituto che possono «ostacolare, scoraggiare o rendere meno attraente la partecipazione degli operatori economici» e che costituiscono «una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi» (CGUE, Sez. V, 5 aprile 2017, C-298/15).

Ancor più chiaramente, in una precedente occasione, la Corte di Giustizia aveva precisato che una clausola «che impone limitazioni al ricorso a subappaltatori per una parte dell’appalto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, e ciò a prescindere dalla possibilità di verificare la capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione alcuna del carattere essenziale degli incarichi di cui si tratterebbe […] risulta incompatibile con la direttiva 2004/18» (CGUE, Sez. III, 14 luglio 2016, C-406/14).

Il T.a.r. ha, quindi, affermato che la previsione di un limite generale del 30% per il subappalto rischia di rendere più difficoltoso l’accesso alle imprese agli appalti pubblici e particolarmente alle PMI, che pure le nuove direttive in materia di appalti intenderebbero favorire, ostacolando così l’esercizio della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi e precludendo, peraltro, alle stesse stazioni appaltanti l’opportunità di ricevere offerte più numerose e diversificate.

Si evidenzierebbe, in definitiva, un contrasto con i principi di tutela della concorrenza e favor participationis, soprattutto se letti – come fa in altri punti lo stesso legislatore del Codice – nell’ottica della facilitazione per l’accesso delle PMI agli appalti pubblici, in linea con il “considerando” 2 della Direttiva 2014/24/UE.

Risulterebbe essere anche violato il principio di proporzionalità, non apparendo con adeguata chiarezza l’obiettivo di interesse pubblico sotteso a una così intensa compressione dei principi di libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi.

Tale interesse pubblico, che pure potrebbe sussistere in termini di presidio della legalità, non sarebbe certamente proporzionale alla drasticità del “rimedio”, soprattutto in considerazione della circostanza che la normativa in tema di informativa interdittiva antimafia già serve a tale scopo.

Ad avviso del T.a.r., quindi, la disciplina dei limiti del subappalto finirebbe per colpire anche le imprese estranee ai fenomeni malavitosi, «che non hanno alcuna ragione di essere penalizzate dalla norma della cui compatibilità eurounitaria si dubita», e in questo senso sarebbe “non proporzionale”. Con quest’ultima precisazione, in particolare, il T.a.r. remittente sembra quasi voler prevenire le possibili obiezioni, che finora hanno consentito alla norma di “salvarsi”, anche in sede di decreto correttivo.

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Testo integrale dell’ordinanza T.a.r. Lombardia, sez. I, 19.1.2018, n. 148

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