Dalla Corte di Giustizia nuovi “correttivi” alla normativa sugli appalti: no all’esclusione automatica dell’operatore economico se la causa è imputabile al subappaltatore

CGUE, sez. II, 30 gennaio 2020, causa C-395/18

irene picardi 13 Febbraio 2020
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Secondo i giudici europei, la disciplina contenuta nella direttiva 2014/24/UE e il principio di proporzionalità ostano ad una normativa nazionale che consente (o impone) all’amministrazione aggiudicatrice di escludere l’operatore economico dalla gara qualora venga constatata nei confronti di uno dei subappaltatori la presenza di motivi di esclusione

CGUE, sez. II, 30 gennaio 2020, causa C-395/18

Salgono a tre negli ultimi sei mesi le sentenze della Corte di Giustizia – di cui si è dato ampiamente conto anche su questo sito – aventi ad oggetto la non conformità della normativa italiana sugli appalti alla corrispondente disciplina europea.

Nelle pronunce di settembre e novembre 2019, i giudici europei avevano in particolare contestato la disposizione del codice che vieta agli operatori economici di subappaltare più del 30% del contratto e quella che limita anche la possibilità di ribassare i prezzi praticabili per le prestazioni subaffidate.

Questa volta la Corte di Giustizia si concentra sulla norma relativa ai motivi di esclusione (art. 80, d.lgs. 50 del 2016) nella parte in cui però attribuisce rilevanza escludente alle violazioni realizzate dai subappaltatori, nelle ipotesi di indicazione obbligatoria della terna in sede di offerta di cui all’art. 105, comma 6 (cioè per gli appalti di valore superiore alle soglie UE, nonché per gli appalti che, pur essendo di valore inferiore alle soglie UE, riguardano specifiche attività individuate dalla normativa italiana come particolarmente esposte al rischio d’infiltrazione mafiosa).

Tale ultima disposizione era stata, peraltro, già oggetto di specifica contestazione da parte della Commissione europea nella lettera di costituzione in mora dello scorso anno, poiché ritenuta anch’essa non in linea con il principio di proporzionalità nella parte in cui obbliga gli operatori economici ad indicare sempre tre subappaltatori, anche qualora all’offerente ne occorrano di meno o non intenda proprio farvi ricorso.

Il procedimento principale

La questione pregiudiziale da ultimo esaminata dai giudici europei era stata sollevata dal T.a.r. per il Lazio in occasione del giudizio di impugnazione promosso da Tim SpA avverso l’esclusione disposta da Consip in relazione ad una gara per l’affidamento di un appalto riguardante la fornitura di un sistema di comunicazione ottica per l’interconnessione del centro di trattamento dei dati di taluni dipartimenti del MEF.

Nel corso della procedura, l’amministrazione aggiudicatrice aveva, infatti, rilevato che uno dei subappaltatori della terna indicata da Tim nell’offerta non risultava in regola con le norme che disciplinano l’accesso al lavoro dei disabili e aveva, pertanto, proceduto all’estromissione dell’operatore economico ai sensi di quanto previsto dall’art. 80, comma 5, lett. i), d.lgs. 50 del 2016.

I giudici romani, pur ritenendo la decisione della stazione appaltante conforme al codice dei contratti pubblici, ammettendosi la sostituzione del subappaltatore solo nel caso in cui il motivo di esclusione venga constatato dopo l’aggiudicazione del contratto (art. 105, comma 12), hanno dubitato della compatibilità della disciplina interna con il diritto dell’Unione sotto un duplice profilo.

In sostanza, il giudice del rinvio si è domandato se la direttiva 2014/24/UE e, in subordine, il principio di proporzionalità ostino ad una normativa nazionale come quella italiana in virtù della quale l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta ad escludere automaticamente un operatore economico dalla procedura di gara qualora nei confronti di uno dei subappaltatori indicati nell’offerta venga rilevato il motivo di esclusione di cui all’art. 57, paragrafo 4, lett. a) di detta direttiva (vale a dire, non risultino adeguatamente rispettati gli obblighi applicabili nei settori del diritto ambientale, sociale e del lavoro).

La decisione della Corte di Giustizia

Nell’esaminare le questioni interpretative sottoposte alla sua attenzione, la Corte di Giustizia prende le mosse da una dettagliata ricostruzione della disciplina europea degli appalti pubblici, che appare utile ripercorrere brevemente anche in questa sede.

Preliminarmente, la Corte chiarisce che la direttiva 2014/24/UE non ha come obiettivo l’uniformità di applicazione dei motivi di esclusione ivi indicati, ma riconosce agli Stati membri un margine di discrezionalità nella determinazione delle condizioni di relativa applicazione, che possono variare in funzione di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale di carattere nazionale.

Per quanto riguarda in particolare il motivo di esclusione (facoltativo) di cui all’art. 57, par. 4, lett. a), la necessità di garantire il rispetto degli obblighi dettati dal diritto ambientale, sociale e del lavoro – che a livello europeo costituiscono valori cardine cui devono ispirarsi le procedure di gara, essendo gli stessi ricompresi fra i principi che regolano l’aggiudicazione degli appalti (infatti sono menzionati all’art. 18, par. 2 della direttiva) –  può consentire agli Stati membri di attribuire rilevanza al motivo di esclusione in esame, qualora gli autori della violazione siano non solo l’operatore economico che ha presentato l’offerta, ma anche i subappaltatori dei quali quest’ultimo intende avvalersi nell’esecuzione dell’appalto.

In tal senso dispone sia l’art. 57, par. 4, lett. a) che risulta formulato in maniera impersonale, senza precisare l’autore della violazione degli obblighi contemplati dall’art. 18, par. 2; sia l’obiettivo prioritario dell’affidabilità dell’operatore economico (considerando 101 della direttiva) che, in combinato disposto con l’art. 57, par. 4, lett. a), permette agli Stati membri di attribuire all’amministrazione aggiudicatrice la facoltà di ritenere affidabili solo gli operatori economici che abbiano dato prova della cura e della diligenza richieste affinché, nel corso dell’esecuzione dell’appalto, gli obblighi in questione siano rispettati anche dai subappaltatori cui prevedono di affidare una parte dell’esecuzione del contratto.

Muovendo da tali premesse, la Corte giunge alla conclusione che l’art. 57, par. 4, lett. a) della direttiva “non osta ad una normativa nazionale, in virtù della quale l’amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà, o addirittura l’obbligo, di escludere l’operatore economico che ha presentato l’offerta dalla partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto qualora nei confronti di uno dei subappaltatori menzionati nell’offerta di tale operatore venga constatato il motivo di esclusione previsto dalla disposizione sopra citata”.

Ma analoghe considerazioni non possono valere anche con riguardo al principio di proporzionalità.

Sul punto, i giudici europei proseguono precisando che tale principio impone alle amministrazioni aggiudicatrici di considerare il carattere lieve delle irregolarità commesse dalle imprese, soprattutto qualora l’esclusione colpisca l’operatore economico per una violazione commessa non da lui direttamente, bensì da un soggetto ad esso estraneo, per il controllo del quale potrebbe non disporre di tutti i mezzi necessari.

Inoltre, l’esigenza di garantire il rispetto del principio di proporzionalità emerge anche dal testo dell’art. 57, paragrafo 6, primo comma della direttiva che riconosce all’operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui al paragrafo 4 – ivi compresa quella prevista dalla lett. a) – la possibilità di provare l’adozione di misure correttive (self-cleaning) idonee a dimostrare la sua affidabilità, malgrado l’esistenza di motivi di esclusione.

Da quanto sopra consegue che l’operatore economico che ha presentato l’offerta, ove corra il rischio di essere escluso dalla gara a causa di violazioni degli obblighi vigenti in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro imputabili ad uno dei subappaltatori di cui esso intende avvalersi, può dimostrare all’amministrazione aggiudicatrice di essere comunque affidabile, dovendosi a tal fine valutare gli elementi di prova forniti da tale operatore in funzione della gravità della situazione e delle particolari circostanze del caso di specie.

A differenza di quanto previsto a livello europeo, la normativa italiana sugli appalti impone in modo generale e astratto l’esclusione automatica dell’operatore economico dalla procedura di gara qualora nei confronti di uno dei subappaltatori indicati nell’offerta venga constatata la presenza di motivi di esclusione.

Sotto tale profilo, il d.lgs. 50 del 2016 entra pertanto in collisione con la disciplina contenuta nella direttiva del 2014 e con il principio di proporzionalità, poichè finisce per introdurre una presunzione assoluta in base alla quale l’operatore economico deve essere escluso in presenza di qualsiasi violazione imputabile ad uno dei subaffidatari, senza che alla stazione appaltante sia lasciata la possibilità di valutare le peculiarità del caso di specie (tenendo conto di fattori rilevanti quali i mezzi di cui l’operatore disponeva per verificare l’esistenza di una violazione in capo al subappaltatore o l’indicazione nell’offerta della propria capacità di eseguire il contratto senza avvalersi del medesimo); e che all’operatore economico sia consentito di dimostrare la propria affidabilità, malgrado l’esistenza di cause di esclusione.

La legge europea del 2020

A seguito delle numerose obiezioni mosse dall’Europa, l’Italia ha di recente individuato un possibile veicolo (l’altro potrebbe essere lo “sblocca-cantieri bis”, a quanto risulta ancora in fase di ideazione) per riscrivere la normativa sugli appalti e uniformarsi (almeno in parte) al diritto dell’Unione.

E’ attualmente all’esame del Governo lo schema di disegno di legge recante le disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (Legge europea 2020), che ove approvato in via definitiva nella sua odierna formulazione potrebbe dare risposta anche alle ultime osservazioni della Corte di Giustizia.

La bozza di legge europea che sta circolando in questi giorni interviene, infatti, sull’obbligo per l’operatore economico di indicare in sede di offerta la terna di subappaltatori di cui intende avvalersi nell’esecuzione del contratto – già sospeso fino a fine 2020 per effetto della legge di conversione del decreto “sblocca-cantieri” –  attraverso la definitiva soppressione del comma 6 dell’art. 105 del codice.  Correlativamente a tale modifica, la legge europea prevede l’espunzione dai commi 1 e 5 dell’art. 80 del riferimento ai subappaltatori, le cui violazioni cesseranno pertanto di costituire causa di esclusione automatica dell’operatore economico dalla procedura di gara.

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